È il tumore più diffuso tra gli uomini. Giusto per avere un'idea, uno su 8 in Italia è a rischio. Per chi soffre di cancro alla prostata sta nascendo in Sardegna una "rete di salvataggio" che offre ai pazienti che vivono lontano dai grandi centri urbani la possibilità di accedere alle migliori cure senza spostarsi dal proprio territorio.

I vantaggi sono diversi: uniformità di trattamenti, evidenti risparmi per il sistema sanitario (dal momento che si evitano gli esami "inutili") e ospedali che vengono utilizzati solo per le terapie più complesse.

IL MODELLO - Ecco i Tmt, team multidisciplinari territoriali, gruppi coordinati in cui sono impegnate tutte le professioni mediche e sanitarie che si occupano di una specifica malattia (in questo caso il tumore alla prostata). Scopo principale è "la definizione di un percorso clinico che consenta ai pazienti che vivono nelle zone interne della Sardegna di svolgere le attività di prevenzione, diagnosi, follow-up e le terapie in strutture vicine alle proprie aree residenziali, limitando l'accesso all'ospedale ai casi di complessità medio-elevata o comunque alle fasi diagnostiche e terapeutiche non erogabili a livello territoriale", spiega Michele Boero, medico di medicina nucleare dell'Azienda ospedaliera Brotzu di Cagliari, nominato dall'Ats alla guida del progetto Tmt.

"In questo modello operativo, che utilizza come punto di partenza l'attività svolta nel territorio, i servizi territoriali, integrati in un percorso di continuità con l'ospedale, vengono valorizzati dal momento che garantiscono la selezione, l'invio e la ripresa in carico all'interno di un sistema strutturato con obiettivi condivisi tra tutti gli operatori coinvolti nel management dei pazienti affetti da questa patologia", spiega ancora il dottor Boero.

MULTIDICIPLINARIETÀ - Il tumore alla prostata è una patologia che richiede un approccio interdisciplinare, in cui sono coinvolti l'urologo, il patologo, il medico che si occupa della riabilitazione, il medico di medicina nucleare, l'oncologo il fisioterapista, l'internista, etc.

"La vera sfida nella cura di una patologia oncologica è quella di assicurare ai pazienti e alle loro famiglie il diritto a essere presi in carico fin dalla fase iniziale della malattia, ed essere accompagnati lungo tutto il percorso di cura", sottolinea il dottor Boero.

COME FUNZIONA - In primo luogo sono definiti con precisione i criteri di accesso al percorso. Quindi, vengono identificate le criticità proprie di ciascuna realtà (per esempio: l'accesso alle biopsie o agli esami di diagnostica per immagini; la lista di attesa per chirurgia o radioterapia etc.).

"Poiché il Tmt garantisce tutti i servizi dedicati alla diagnosi e cura del tumore della prostata in una determinata area geografica, si devono stabilire dei criteri organizzativi che assicurino i collegamenti con realtà al di fuori di essa per le procedure non disponibili nell'area di riferimento", dice Michele Boero.

"Questi criteri dovranno inoltre esplicitare le modalità di affidamento in modo che i medici di medicina generale e gli altri operatori sanitari siano sempre in grado di identificare i referenti del paziente nel percorso di diagnosi e cura", aggiunge. Attualmente i Tmt per la cura del tumore alla prostata sono presenti nel Sulcis, in Medio Campidano e nell'Oristanese, "ma si stanno formando anche a Lanusei, Isili e Muravera".

Mauro Madeddu

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