Ormai per molti italiani il telefonino è diventato quasi una protesi, una parte di sé. E sta diventando come una vera e propria emergenza sanitaria il diffondersi della Nomofobia, la paura di non avere con sé il cellulare e di non poterlo controllare, o la Fomo, la paura di essere tagliati fuori da qualcosa, così come il Vamping e tutti gli altri fenomeni legati alle web-compulsioni che tengono incollate le persone agli strumenti digitali.

Ci sono poi le sindromi multidimensionali, quelle che portano ai giochi di ruolo online con assiduità o a crearsi un'identità virtuale.

A lanciare l'allarme un incontro a Roma, dove sono stati presentati i dati di un recente sondaggio online condotto dall'associazione "Di.Te." su un campione di 500 persone.

Ebbene, il 51% dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni ha difficoltà a prendersi una pausa dalle nuove tecnologie: controllano in media lo smartphone 75 volte al giorno e il 7% lo fa fino a 110 volte al giorno. Risultato? Riuscire a prendere una pausa dal device di almeno 3 ore spesso diventa una missione impossibile.

I ragazzi non riescono più ad opporsi al bisogno di guardare lo smartphone, magari per chattare anche durante le ore notturne. E gli adulti? Non sono così distanti dai giovani, se si pensa che il 49% degli over 35 non sa stare senza cellulare, verificando se sono arrivate notifiche o messaggi almeno 43 volte al giorno, (il 6% arriva a sfiorare le 65 volte). Non solo: stare 3 ore senza buttare un occhio allo schermo è praticamente impossibile per il 58% degli intervistati.

"Quando c'è un'alterazione delle abilità relazionali e sociali bisogna fermarsi e interrogarsi su cosa ci sta succedendo. Rischioso è l'isolamento sociale, quando si arriva all'alienazione fino a diventare Hikikomori, così chiamati quei soggetti che stanno rinchiusi nella propria stanza rifiutando la scuola e ogni contatto che non preveda l'uso mediato del mezzo tecnologico", dichiara Giuseppe Lavenia, presidente dell'Associazione Di.Te.

"I giovani 3.0 - continua - sono molto più impulsivi, hanno grande difficoltà a gestire la noia, e sono orientati al tutto e subito. Sono meno creativi, non sentono il bisogno di verificare le fonti da cui traggono notizie o a fare ricerche per controllare se quello che hanno letto è vero. Dobbiamo osservarli oggi e non fare proiezioni catastrofiche sul futuro, possiamo fare molto per loro, ma a partire da oggi, dal presente. Stiamo andando verso un'identità digitale e la costruzione della loro personalità avviene anche in base all'uso che fanno della rete".

Gli ultimi anni hanno visto una diffusione degli Hikikomori nei paesi europei, compresa l'Italia.

Nonostante non siano disponibili ad oggi dati certi sulla prevalenza del fenomeno nel nostro Paese, secondo alcune stime non ufficiali il numero di giovani coinvolti sarebbe compreso tra i 30.000 e i 50.000.

(Redazione Online/v.l.)
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