Si stima che a soffrirne sia il 4-6 per cento della popolazione, la percentuale sale all'11 tra i bambini e over 65. Ma, nella maggior parte dei casi ci si rivolge allo specialista solo diverso tempo dopo la comparsa dei sintomi. Si chiama sindrome delle apnee ostruttive nel sonno, e consiste in una transitoria e ripetuta interruzione del respiro mentre si dorme. Può durare, a seconda della gravità del caso, solo pochi secondi ma anche di più, ed è responsabile di un sonno disturbato che lascia al mattino quella spiacevole sensazione di stanchezza e affaticamento. Colpisce soprattutto gli uomini ma non risparmia le donne, che sono maggiormente esposte dopo la menopausa. Può provocare conseguenze anche gravi: nei casi più seri le apnee notturne possono rappresentare un fattore di rischio per patologie cardiovascolari e neurologiche.

RESPIRO - "L'interruzione del respiro fa sì che i tessuti ricevano meno ossigeno rispetto a quello di cui avrebbero bisogno, il che può portare a infiammazioni e sofferenze dei tessuti stessi", spiega Monica Puligheddu, direttrice del Centro di medicina del sonno dell'azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, l'unico in Sardegna accreditato dall'Aims, l'associazione italiana medicina del sonno. Alla lunga, questo può creare "un sovraccarico sul sistema cardiovascolare e su quello cognitivo. Chi ne soffre, dorme molto male e può avere una progressiva perdita di performance. Il fatto importante, però, è che questo disturbo può essere diagnosticato e trattato molto bene. Non affrontare il problema - spiega la specialista - significa cronicizzare il disturbo". La sindrome si differenzia dal semplice russare perché durante la notte le prime vie aeree collassano e per qualche secondo l'aria non passa. Nel caso di chi russa invece, l'ostruzione al passaggio dell'aria è incompleta e non c'è vera apnea.

INSONNIA - Uno dei disturbi del sonno più diffuso è l'insonnia: a tutti può capitare di vivere momenti di questo tipo "ma una cosa è un periodo legato a situazioni contingenti, un altro è una condizione cronica, che è tale se supera i tre mesi. In questo caso può arrivare a compromettere le attività quotidiane e richiede un approccio a 360 gradi", spiega la dottoressa Puligheddu. Le terapie esistono: sono differenti e cambiano a seconda della tipologia, "ma per essere somministrate richiedono un'adeguata diagnosi. Perché se la diagnosi non è corretta, non solo la terapia è inefficace ma potrebbe risultare addirittura negativa". È il rischio che corre, per esempio, chi, senza diagnosi medica, tratta il disturbo del sonno causato dalle apnee notturne con i sedativi. "Un fatto che aggrava il problema quando questo è di natura respiratoria".

STRESS - La velocità della vita quotidiana, lo stress, i turni lavorativi di notte e uno stile di vita poco equilibrato, possono rappresentare una dura sfida per il riposo notturno, che spesso è frammentato o insufficiente. Questi disturbi possono essere trattati in due modi. "Con una terapia comportamentale - precisa Puligheddu - in cui si insegna a rispettare il ritmo del sonno, lo si resetta e si riprogramma adeguandolo alle caratteristiche dell'individuo, quindi alla fisiologia del paziente. Si possono utilizzare farmaci, senza creare dipendenza". Passiamo un terzo della vita a dormire "e quando il sonno, per varie ragioni, entra in crisi, bisogna riportarlo alla sua naturale condizione".

© Riproduzione riservata