Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha lasciato il Quirinale dopo aver rassegnato le sue dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Le consultazioni inizieranno domani dalle 18.

Il colloquio con il capo dello Stato è durato quaranta minuti.

Questo pomeriggio Renzi ha partecipato alla direzione Pd. "Alzo anch'io il calice per festeggiare questo momento: salgo al Colle a rassegnare le mie dimissioni. Ma sorrido di fronte all'opportunità che il Paese mi ha dato per poterlo servire e alla gratitudine nei vostri confronti", ha detto l'ex premier.

Prima, sul referendum, aveva sottolineato come la "bocciatura della riforma apra a considerazioni ampie, con ripercussioni sul governo che l'ha proposta e sul Parlamento che l'ha votata sei volte". E ha aggiunto: "Il popolo ha votato, viva il popolo. Io mi assumo le responsabilità di non essere riuscito a spiegare perché votare Sì. Ora dobbiamo convivere con un sistema di cui abbiamo evidenziato aspetti negativi e cioè il bicameralismo perfetto e il rapporto conflittuale con le regioni. Per chiunque dovrà governare, la situazione sarà complicata".

Ma - ha aggiunto - il Pd non teme di andare al voto: "Noi non abbiamo paura di niente e di nessuno. Quindi se le altre forze politiche vogliono andare a votare dopo la sentenza della Consulta, lo dicano".

E, come aveva già ricordato, "toccherà ai gruppi parlamentari decidere che cosa fare. Vorranno andare subito a elezioni? Nel caso si dovrà attendere la Sentenza della Consulta di martedì 24 gennaio e poi votare con le attuali leggi elettorali, come modificate dalla Corte".

AL SENATO - Il Senato intanto ha dato l'ok definitivo alla manovra.

Il governo dimissionario ha posto la fiducia sulla legge di Bilancio attraverso l'intervento del ministro Maria Elena Boschi, poi si è aperta la discussione generale terminata con la votazione favorevole: 173 i sì, 108 i no (il VIDEO):

Dopo il voto finale, 166 favorevoli, 70 contrari e un astenuto, che ha consentito l'approvazione della legge, il parlamentare grillino Sergio Puglia si è messo a strillare "No" nell'aula di Palazzo Madama, beccandosi il rimprovero del presidente Pietro Grasso: "Poteva evitare". Il video:

ALL'INTERNO DEL PD - Quanto agli scenari futuri, in particolare sul voto, se i renziani ortodossi, continuano a mettere il piede sull'acceleratore ("Il Sì ha perso, ma abbiamo una base da cui ripartire. Ora prepariamoci al congresso e alle elezioni", cinguetta Sandro Gozi) e se pure i "giovani turchi" di Matteo Orfini si lasciano tentare dall'all in di un voto immediato, sono diverse le anime del Pd a frenare.

Primo tra tutti Dario Franceschini, impegnato in queste ore a far ragionare il premier e a portarlo lungo la rotta indicata da Sergio Mattarella.

LO SCENARIO POSSIBILE - Resta aperto lo scenario di un esecutivo "non politico e super partes" che consentirebbe al Pd di "rimanere al riparo" da un'esperienza che si annuncia "poco felice" e che, "se politica, sarebbe sottoposta ai continui attacchi dell'opposizione" che lo logorerebbero.

Quelli di Padoan o Grasso i nomi più gettonati, anche se - per molti - "è troppo presto" per mettere sul tavolo candidature "credibili".

Se invece, dopo le consultazioni del Quirinale con gli altri partiti, il Pd fosse costretto ad accettare la guida di un governo più politico, in pole position ci sarebbe Gentiloni. Il ministro degli Esteri è considerato tra i più vicini al premier, esperto e fidato, e quindi il segretario Pd, azionista di maggioranza di questo esecutivo di transizione, potrebbe scegliere con tranquillità quando staccare la spina.
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