Dall'Autonomia alla rappresentanza politica in Senato. Il dibattito politico attorno al referendum costituzionale si gioca, in Sardegna, anche su questi temi squisitamente regionali.

Un partito trasversale, di cui fanno parte Movimento Cinquestelle, parte degli indipendentisti e i sovranisti hanno discusso sulla cosiddetta "clausola di supremazia" contenuta nella riforma che limiterebbe le autonomie regionali e, in particolare per la Sardegna, la specialità data dalla carta statutaria.

I sostenitori del Sì, come parte del Pd, parlano invece di "rafforzamento" delle autonomie speciali e di "sfida" per rinnovare lo Statuto come momento per assumere nuova responsabilità.

C'è poi il tema dell'incompatibilità tra la carica di consigliere regionale e quella di senatore, prevista nell'attuale Statuto sardo. Che cosa accadrebbe se dovesse cincere il Sì? La Sardegna resterà senza i suoi tre senatori o addirittura manderà a Roma solo un sindaco mentre i posti dei consiglieri-senatori, rimarrebbero vuoti?

Secondo il costituzionalista Andrea Pubusa e il deputato di Unidos Mauro Pili sarebbe così. Una tesi che fa rabbrividire il deputato del Pd Francesco Sanna, strenuo sostenitore del Sì: "Confondere il nuovo Senato con quello di oggi, per il quale giustamente vale il divieto di doppio mandato, sarebbe come confondere aglio per cipolla". Anche il presidente della Regione Francesco Pigliaru, anch'egli sostenitore del Sì, parla di "bufala".
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