"Il lavoro della Commissione Antimafia sugli impresentabili? E' una boiata, una presa in giro colossale: l'obiettivo, nemmeno nascosto, è non fare uscire i nomi in campagna elettorale, dal momento che ci sono molti impresentabili nelle liste che sostengono il Pd, a partire dal candidato in Campania, De Luca, condannato e quindi ineleggibile, che doveva essere il primo degli impresentabili".

A mettere sotto accusa il lavoro della Commissione Antimafia e della presidente Rosy Bindi, è il senatore Cinque Stelle Mario Michele Giarrusso, componente della Commissione Antimafia e coordinatore del III Comitato dell'Antimafia sulle infiltrazioni mafiose nelle istituzioni territoriali e negli enti locali.

"Tutto il lavoro della Commissione Antimafia è attraversato da un vulnus, a partire dalla volontà di non trattare il caso Stato-mafia, pur essendoci un processo in corso", dice Giarrusso.

"In particolare, per le regionali l'obiettivo di non far uscire i nomi - sostiene l'esponente M5S - lo hanno perseguito fin dall'inizio: la volontà era ed è di evitare e contenere il più possibile i danni che possono arrivare al partito da rivelazioni sui candidati. I nomi degli impresentabili non potranno essere pubblicati sui giornali perchè venerdì a mezzanotte scatta il "silenzio elettorale".

Il problema è poi che nella lista che fornirà l'Antimafia non ci saranno tutti i nomi degli impresentabili: innanzitutto perchè manca uno screeneng sulle elezioni comunali. Avremo solo i nomi dei candidati alle regionali che andrebbero cacciati a pedate".

Insomma, ragiona Giarrusso, questa sarà solo "una mera operazione di facciata: la Bindi si è avventurata su questa strada che tuttavia non è piaciuta ai vertici del partito. Io lo vado dicendo da tempo: è stato mortificato lo spirito Commissione antimafia impedendo di approfondire ogni cosa.

Si resta sulla superficie, si cerca di non fare danni per non danneggiare il partito". Giarrusso non condivide l'operazione: "avevamo dato ai partiti un Codice di autoregolamentazione: lo hanno fatto diventare un Codice della Commissione, una operazione demenziale, assurda.

La Commissione può andare fino in fondo, dobbiamo fare ciò che all'autorità giudiziaria è precluso: la politica deve arrivare prima della magistratura".

Il senatore Cinque Stelle ricorda che quando Gerardo Chiaromonte, tra fine anni '80 e anni '90 divenne presidente della Commissione sulla criminalità organizzata, "la Commissione predispose vere e proprie schede sui politici e sui loro collegamenti con la mafia, anticipando la magistratura, tanto che i politici indicati dalla Commissione furono indagati".

"Il lavoro va fatto prima, individuando nei territori chi sono i referenti politici delle mafie e chi candideranno. Sono due anni che diciamo alla Commissione di agire con i poteri d'inchiesta veri che ha. Il fallimento è nei fatti, clamoroso ed evidente".
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