George Stinney aveva appena 14 anni quando fu condannato a morte per l'omicidio di due ragazzine di 11 e 7 anni, nel South Carolina, Stati Uniti. Era il 1944. Settant’anni dopo un giudice americano lo scagiona perché la confessione gli fu estorta.

Il giovane fu portato sulla sedia elettrica, troppo grande per la sua esile figura tanto che misero un grosso elenco telefonico per adattarne la seduta. Anche gli elettrodi erano risultati sproporzionati rispetto alle gambe dell’adolescente che di lì a poco avrebbe ricevuto la scossa letale.

George viveva con la famiglia ad Alcolu, South Carolina. E nella stessa città, il 23 marzo 1944, Betty Binniker, 11 anni, e Maria Emma Thames, 7, erano scomparse dopo essere uscite per un giro in bicicletta. I loro corpi erano stati ritrovati la mattina successiva. Alcuni testimoni avevano affermato di aver visto George raccogliere fiori con le vittime, proprio il giorno della loro scomparsa. Da lì il processo immediato. Durò meno di un giorno, e la sentenza di morte fu emessa dieci minuti dopo il ritiro della Corte, composta di soli giudici bianchi, come bianche erano le vittime. George aveva forse l’unica colpa di essere nero, gli fu negato anche l’appello.

La famiglia e gli attivisti per i diritti civili si sono battuti invano in tutto questo tempo affinché l’innocenza del ragazzo venisse fuori. Solo oggi, a distanza di 70 anni, è emersa una verità sconcertante: il ragazzino, allontanato brutalmente dai genitori per essere interrogato dalla polizia, aveva ammesso l’omicidio.

Oggi George avrebbe 84 anni.
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