Oscar Pistorius, il campione paralimpico sotto processo a Pretoria (Sudafrica) con l'accusa di aver ucciso intenzionalmente la sua fidanzata Reeva Steenkamp la notte di San Valentino dell'anno scorso, sapeva che non avrebbe dovuto sparare perché la sua vita non era in pericolo. A chiarire questo dubbio è stato oggi Sean Rens, testimone chiamato a deporre per chiarire quale fosse il rapporto di Pistorius con le armi. L'uomo gestisce un poligono e segue le pratiche amministrative per il porto d'armi, aveva inoltre venduto la calibro 9 con cui è stato compiuto l'omicidio. Quando aveva sottoposto all'atleta un questionario, alla domanda: "Un ladro entra in casa sua e comincia a rubare il suo impianto stereo. Le è consentito abbatterlo?", Pistorius aveva risposto: "No, perché la vita non è in pericolo". A un'altra domanda, "I ladri sono armati e le si avvicinano. Le è consentito sparare?", aveva risposto: "Sì". Secondo le accuse, il campione avrebbe ucciso intenzionalmente Reeva al termine di un litigio: avrebbe sparato senza neanche verificare chi ci fosse in bagno e senza controllare se la ragazza fosse ancora a letto. Secondo la difesa, invece, Pistorius ha esploso i colpi convinto che nella stanza dei servizi ci fosse un ladro.

Nei prossimi giorni verranno ascoltati altri testimoni.
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