Come previsto dal contratto di governo firmato da Lega e Movimento 5 Stelle, il nuovo esecutivo guidato da Giuseppe Conte è pronto a mettere mano e superare la Legge Fornero, il provvedimento votato dal governo Monti nel 2011, che ha aumentato l'età pensionabile a 67 anni nel 2019, legandola all'incremento della speranza di vita nel nostro Paese, sulla base dell'aggiornamento Istat.

Il nuovo meccanismo di calcolo per l'uscita dal lavoro si baserebbe sulla cosiddetta "quota 100", numero risultato dalla somma fra età anagrafica e contributi annui versati e prevedrebbe un limite minimo di 64 anni e 36 di contributi.

Per chi ha iniziato a lavorare molto giovane però lo "scoglio" dell'età minima potrebbe essere superato con l’alternativa della "quota 41", che riguarderebbe chi ha 41 anni e mezzo di contributi a prescindere dall’età.

L’uscita dal lavoro a 64 anni potrebbe comportare un taglio dell’assegno di almeno l’8% secondo una prima stima.

Alberto Brambilla, esperto di previdenza e consigliere di Matteo Salvini, ha stimato in cinque miliardi all'anno la spesa per queste pensioni, mentre l'Inps ha parlato di costi superiori di quattro volte.

Nessun cambiamento invece dovrebbe riguardare i lavoratori impegnati nelle cosiddette "mansioni usuranti".

Potrebbe invece non venire rinnovato l'Ape sociale, che per tutto quest'anno è attivo in via sperimentale.

Nel programma Lega-M5S viene citata infine anche la cosiddetta "opzione donna", in vigore dal 2004 al 2015, che prevedeva per le lavoratrici la possibilità di lasciare il lavoro con almeno 57 anni e sette mesi di età (uno in più per le autonome) e 35 anni di contributi, a fronte di un importo della pensione, ridotto del 20-30% a causa del calcolo contributivo.

(Unioneonline/F)

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