"Quello che faranno i commissari, già alla fine di questa settimana o all'inizio della prossima, è dire quale di queste offerte è la migliore, quindi con chi si può iniziare a fare la negoziazione in esclusiva". È il commento del ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda, a proposito della questione Alitalia, ai microfoni di Radio Capital. E aggiunge un plauso ai commissari Gubitosi, Laghi e Paleari, che in questi mesi hanno tenuto le redini della compagnia aerea senza peraltro usufruire del prestito ponte di 900 milioni di euro messo a disposizione dal Governo. Una decisione che non può essere rimandata oltre, anche per non sovrapporsi al delicato appuntamento elettorale di marzo.

Per il futuro acquirente di Alitalia, da scegliersi tra l'omologa tedesca Lufthansa, quella britannica Easyjet o il fondo d'investimenti americano Cerberus, resteranno diversi nodi da sciogliere prima della negoziazione in esclusiva, tra cui anzitutto l'importo dell'offerta economica da mettere sul piatto e soprattutto il problema degli esuberi.

Ma questa è solo l'ultima pagina di una lunga e tormentata odissea finanziaria che ha portato più volte negli ultimi anni la gloriosa ex compagnia di bandiera italiana sull'orlo del baratro, tra tentativi di salvataggio nazionali, acquirenti stranieri, referendum tra i dipendenti e il recente commissariamento.

E proprio la linea seguita dai commissari straordinari negli ultimi mesi, dopo il tormentato referendum tra i lavoratori del 23 aprile sul piano industriale, ha permesso di mantenere con difficoltà i conti di Alitalia in ordine, in vista di una vendita finalmente risolutiva, che assicuri al nostro Paese le indispensabili connessioni aeree con il resto del mondo e naturalmente un progetto industriale credibile sul lungo periodo.

Già nelle scorse settimane il ministro Calenda aveva sottolineato l'importanza delle presenti offerte di acquisizione, ricordando con rammarico la proposta di dieci anni fa della compagnia Air France-KLM, bocciata dai lavoratori e trascurata a favore di una scelta "nazionale", ovvero la cordata di imprenditori italiani CAI che poi risultò essere fallimentare.

Era il 2008 e la nuova proprietà, sostenuta dall'allora governo Berlusconi ma priva di esperienza nel settore aereo, non riuscì a garantire alla compagnia l'investimento economico necessario al rilancio, tanto che dopo pochi anni si tornò a parlare di fallimento e i successivi governi Letta e Renzi optarono per un accordo con gli Emirati Arabi Uniti di Etihad per la cessione di un 49% di Alitalia.

Questa nuova gestione puntò soprattutto sulle tratte a breve e media percorrenza e fu nuovamente sbaragliata dalle grandi concorrenti internazionali, soprattutto per quanto riguarda le grandi rotte intercontinentali, e dalle sempre più agguerrite low cost su quelle a minor raggio.

Il resto è ben noto: tagli continui dei costi e soprattutto del personale, accompagnati di pari passo da un aumento esponenziale dei fondi erogati dallo Stato per tenere in piedi ciò che restava della storica compagnia di bandiera nazionale.

Appuntamento quindi alla prossima settimana, per sapere se finalmente sulla questione Alitalia verrà messa la parola fine.

(Unioneonline/b.m.)
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