Dopo Begamo, è la volta di Milano. Il tribunale del capoluogo lombardo ha infatti condannato l'Inps "a interrompere la sua condotta discriminatoria verso le donne straniere che diventano madri".

Il tribunale fa riferimento al bonus bebè - del valore di 800 euro una tantum senza limiti di reddito - introdotto nel 2016, ordinando che questo venga corrisposto anche alle donne straniere - residenti in Italia - senza permesso di soggiorno di lungo periodo.

Il ricorso vincente è stato presentato, a nome di alcune madri straniere, dalle associazioni Asgi (studi giuridici sull'immigrazione), Apn (avvocati volontari) e fondazione Piccini. A Bergamo era stato il patronato Inca della Cgil a sostenere il ricorso di 24 madri straniere.

In sostanza, spiega il giudice milanese Silvia Ravazzoni, non può essere l'Inps a escludere l'una o l'altra categoria di stranieri, e l'Istituto dovrà eliminare "la condotta discriminatoria attraverso l'estensione del beneficio assistenziale" a tutte le future madri regolarmente presenti in Italia che ne facciano domanda e che si trovino nelle condizione giuridico-fattuali previste dalla legge 232 del 2016.

Dal canto suo l'Inps fa sapere di aver chiesto alla presidenza del Consiglio dei ministri, al ministero del Lavoro e al Mef se intendano confermare l'orientamento finora espresso sulla limitazione del 'Bonus mamma domani' alle residenti e immigrate con permesso di lungo soggiorno. "Il Governo non ci ha ancora risposto", ha fatto sapere Giuseppe Conte, responsabile relazioni esterne dell'Inps.

(Unioneonline/s.a.)

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