Com'è che il ricco Nord Italia si aggiudica il 60% dei fondi Ue a gestione diretta (quelli che non passano attraverso le regioni), e le aree in difficoltà - Sardegna compresa - solo il 10%? I dati resi noti dalla Camera di Commercio italo-belga, calcolati su un miliardo di euro di progettazione 2016 assegnata al nostro Paese, segnalano un'apparente contraddizione: gli enti pubblici e i soggetti privati del Mezzogiorno in teoria dovrebbero essere i più pronti ad aggredire gli aiuti europei, ma presentano pochi progetti.

Ma forse il dato non è così contraddittorio, o perlomeno ha una sua logica: "È in gran parte una questione culturale -, riflette l'assessore regionale alla Programmazione Raffaele Paci , - siamo troppo abituati al fatto che ci pensi la Regione, con i fondi strutturali". Soprattutto ora che è diventata più efficace la gestione dei Por (i Programmi operativi regionali che attuano il sostegno comunitario), è più comodo attendere che i contributi arrivino dal canale Regione. Vale per il Comune che deve tappare le buche in strada e per l'impresa a cui servono nuovi macchinari.

IMPRESE - Invece per accedere ai fondi a gestione diretta della Commissione europea serve uno sforzo maggiore: di progettazione, ma anche economico, perché in genere è richiesto il 25% di cofinanziamento. "Per molti, negli anni della crisi, quello è stato il primo ostacolo", ammette Paolo Manca , presidente regionale di Federalberghi: "Il nostro settore è fatto di aziende piccole e sottocapitalizzate".

Questo può spiegare il caso limite raccontato dalla Camera di Commercio italo-belga: nessun agriturismo sardo, nonostante le sollecitazioni, ha approfittato del sostegno gratuito dell'ente camerale per fare progetti sui fondi per rifare i siti web aziendali.

"Il problema è ampio e riguarda tutti i settori -, riprende Manca, - ed è vero che si registra un deficit di approccio culturale di fondo. Ma c'è anche un problema di organizzazione operativa dei bandi. E di informazione sui medesimi: ma devo dire che, su questo, l'attuale amministrazione regionale ha lavorato moltissimo".

ENTI LOCALI - Tra i soggetti che potrebbero lavorare assai di più sui finanziamenti diretti ci sono i Comuni, che spesso però nell'Isola hanno uffici inadeguati alla progettazione europea: per il presidente dell'Anci sarda, Emiliano Deiana , "visto che la riforma degli enti locali ha puntato sulle Unioni di Comuni, queste ultime dovrebbero essere dotate di strutture apposite per lavorare ai contributi Ue. Le Unioni possono fare molto bene alcune cose, non tutte: per l'europrogettazione sarebbero l'ambito ottimale. Anzi, dovrebbe essere la loro prima funzione, più di quelle che possono continuare a garantire i Comuni singoli".

Servirebbe però una scelta strategica in tal senso da parte della Regione, magari anche con una correzione della legge di riordino delle autonomie locali.

"In effetti l'abitudine ai fondi strutturali è una ragione della nostra relativa lentezza a presentare progetti sui fondi competitivi", riconosce Franco Cuccureddu , sindaco di un centro (Castelsardo) che invece sulla progettazione europea ha costruito gran parte delle sue fortune recenti: "Per la mia esperienza, il successo sui fondi Ue dipende da pochi fattori. Anzitutto il rispetto assoluto delle regole".

Chi è abituato alle proroghe, a dire "poi si aggiusta tutto", fallisce. "A noi una volta un cattivissimo ispettore olandese mise 3mila euro di multa perché su una stazione di pompaggio di liquami mancava la targa che citava il contributo Ue". Poi bisogna trovare partner affidabili, e proporre idee innovative e possibilmente replicabili, che facciano da modello per altri. "Contano molto anche i nomi dei progetti", svela Cuccureddu: "Quello sul rifacimento marciapiedi non vinse. Ma poi, ripresentato come 'percorsi di connessione dell'antico porto' eccetera, fu finanziato".

UNIVERSITÀ - Tra gli enti più attivi sui fondi diretti, in Sardegna, ci sono le università. Quella di Cagliari, ricorda il prorettore Francesco Mola, ha "un apposito ufficio Europa che si occupa dei progetti, ma in generale si cerca di convogliare tutte le competenze sulle varie linee di intervento europee. I progetti non nascono come interventi spot, ma da un'attività continua di ricerca di idee realizzabili, e di rapporti di rete con altri soggetti".

C'è anche un'attenta opera di formazione interna su tutti gli aspetti relativi ai bandi, "compresa la fase della rendicontazione, forse la più delicata. L'ultimo progetto ottenuto è il Gender Equality Plan, sulla parità di genere negli atenei: dovremo sviluppare nuove regole di comportamento capaci di diventare buone pratiche da proporre agli altri".

Giuseppe Meloni
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