L'Italia perde ancora colpi sul fronte della competitività regionale: cioè la capacità di offrire un ambiente attraente e sostenibile ad aziende e cittadini.

La terza edizione dell'indice europeo messo a punto dalla Commissione Ue vede infatti retrocedere quasi tutte le regioni italiane (tranne Valle d'Aosta, Basilicata e provincia autonoma di Bolzano). Mentre migliorano Malta e varie regioni di Francia, Germania, Svezia, Portogallo e Regno Unito.

Tanto per intendersi, la Lombardia – uno dei quattro "motori" d'Europa, insieme al Baden Wuerttemberg tedesco, la Catalogna spagnola e il Rodano-Alpi francese – si colloca nella prima metà della classifica: in 143esima posizione (su 263 regioni totali).

Indietreggia dunque rispetto alla 128esima posizione della scorsa edizione 2013 (quando le regioni erano in tutto 262). E ciò nonostante si piazzi in realtà al 37esimo, guardando al solo indicatore del Pil procapite.

Ma la discesa è generale. Si perdono posizioni dal Piemonte (che era 152esimo ed è ora 163esimo) alla Sicilia (passata dal 235esimo al 237esimo posto).

In questa speciale classifica - aperta da Londra e chiusa dalla Guyana Francese - la Sardegna risulta invece 228esima: cede dunque qualche punto rispetto al 2013, che l'aveva vista 222esima. Mentre il livello di Pil procapite la colloca al 188esimo posto.

Lanciato nel 2010 e pubblicato con cadenza triennale, l'indice di competitività regionale (Rci) consente alle amministrazioni locali di monitorare e valutare il proprio sviluppo nel tempo, mettendolo a confronto.

L'indice si compone di 11 rilevatori, classificati in tre gruppi: pilastri di base (istituzioni, stabilità macroeconomica, infrastrutture, salute, istruzione di base); pilastri dell'efficienza (istruzione superiore, formazione e apprendimento permanente, efficienza del mercato del lavoro, dimensione del mercato); e pilastri dell'innovazione (maturità tecnologica, sofisticazione delle imprese, innovazione).
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