La Bce avrebbe respinto la richiesta di Mps di ottenere più tempo per il necessario aumento di capitale da 5 miliardi di euro.

Per ora si tratta di un’indiscrezione, visto che il “niet” della Bce non sarebbe ancora stato comunicato ufficialmente. Ma la notizia ha comunque contribuito alle vendite sul titolo della banca senese, che è è stato più volte sospeso ed è arrivato a toccare oltre il -15%, per poi ridurre le perdite.

Dopo la bocciatura della riforma costituzionale e le dimissioni del premier Matteo Renzi, è tramontata la soluzione di mercato disegnata dagli advisor JP Morgan e Mediobanca. E in questo quadro, l’istituto di Rocca Salimbeni ha chiesto a Francoforte di far slittare al 20 gennaio il termine ultimo per la ricapitalizzazione (rispetto al 31 dicembre).

Il rifiuto della Bce ha ora spostato i riflettori sull'intervento pubblico, che potrebbe arrivare a breve. La nazionalizzazione pare infatti l’esito più probabile per tenere in piedi la più antica banca del mondo.

Ma quello che si sta profilando sarebbe un decreto omnibus sugli istituti di credito: un’operazione nel quadro delle regole europee, che potrebbe essere varata dal governo dimissionario se dovessero prevalere logiche di urgenza. Stamattina i vertici di Mps sono stati ricevuti dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

Il mancato via libera delle Bce farà dunque cadere il piano messo a punto dall’istituto senese, compreso l’acquisto dei bond subordinati realizzato la scorsa settimana. Intanto i consiglieri di Mps sono stati pre-allertati per un possibile cda a Milano: la situazione è però ancora in evoluzione e non è escluso che il consiglio di amministrazione possa essere rinviato.
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