Nulla sarà più come prima. Anche le compagnie aeree low cost, che hanno il merito di aver unito gli stati d’Europa molto più dei politici, cambieranno registro: «Siamo pronti a diminuire gli investimenti e saremo costretti ad aumentare le tariffe», ha detto l’amministratore delegato di Ryanair Michael O’Leary, che si è impegnato personalmente nella campagna per il remain e ha promesso biglietti «super scontati» in caso di vittoria. Ma cosa spaventa le compagnie aeree? L’uscita del Regno Unito dall’Ue potrebbe avere come conseguenza la perdita di tutti i benefici dei trattati che hanno stabilito l’apertura dei cieli europei e nord americani. E questo potrebbe avere riflessi negativi sia sui vettori inglesi che su quelli delle altre nazioni (Ryanair, ad esempio, ha sede in Irlanda). Poi ci sono altre ripercussioni, che però non si avvertiranno immediatamente.

Per il momento non servirà il passaporto per andare in Gran Bretagna, perché restano valide fino all’addio definitivo del Paese le leggi attualmente in vigore. Non è escluso, però, che serva per il futuro. Molto più lontana l’ipotesi del visto. Chi andrà a Londra nei prossimi mesi non avrà bisogno di altri documenti rispetto a quelli utilizzati con le frontiere aperte. Dunque: carta d’identità valida per l’espatrio.

La Brexit rischia comunque di avere effetti negativi sul trasporto aereo. Non è un caso che anche da EasyJet sia arrivata, a risultato del referendum ancora caldo, un appello al governo Uk: «Abbiamo scritto al governo britannico e alla Commissione Europea chiedendo loro di porsi come priorità la permanenza del Regno Unito nel Mercato unico europeo dell’aviazione, data l’importanza per i consumatori e per gli interscambi commerciali», ha detto subito Carolyn McCall, Ceo della compagnia aerea.
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