Per parlare di boom bisognerà aspettare ancora cinque anni, quando la produzione dei castagneti sardi sarà a pieno regime. Eppure già adesso i numeri parlano di rami sempre più carichi e consumi in crescita, che rendono la coltura castanicola una risorsa sempre più importante per l'economia agricola sarda. Dalle elaborazioni della Coldiretti dei dati forniti da Laore, il mercato di castagne e marroni oggi è fermo a 300mila euro, concentrati nel quadrilatero Desulo, Tonara, Belvì, Aritzo. Ma può arrivare a una produzione lorda vendibile di valore pari a 16 milioni di euro.

«È una coltura a lungo trascurata, ma rappresenta un'ottima integrazione al reddito per le nostre aziende agricole delle aree montane», osserva il presidente di Coldiretti Sardegna, Battista Cualbu, «è redditizia e richiede poche spese, dato che non servono trattamenti».

Attualmente si stima siano circa 2mila gli ettari destinati alle castagne sul territorio regionale. Quelli riservati alle piante da frutto però sono poco più della metà (1090 ettari). Il 90% è ubicato nella Barbagia-Mandrolisai (Desulo, Tonara, Belvì, Aritzo), il 5% a Seui e nella Barbagia di Ollolai. La fettina restante, nel Goceano e nel Montiferru.

Si tratta principalmente di nuovi innesti, compiuti cinque anni fa da Laore come base di un piano di ristrutturazione. «Abbiamo rilevato che le castagne sarde, con le loro piccole dimensioni e la difficoltà nella sbucciatura, non bastavano a soddisfare le richieste di un mercato in crescita», spiega Ciriaco Loddo, dell'agenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura, «il marrone, al contrario, ha caratteristiche commerciali più elevate: da qui la decisione di innestarlo in Sardegna, una volta studiate le biodiversità locali e individuate le piante con buone caratteristiche qualitative». Il controllo è stato meticoloso, come il contrasto alle patologie e quello - essenzialmente biologico - al cinipide, insetto che colpisce i germogli del castagno, riducendone le dimensioni.

La novità ha già dato frutto, anzitutto nel mutamento dei consumi alimentari locali. Le castagne piccole ormai vengono raccolte solo a livello familiare, mentre quelle di maggiore dimensione e i marroni vanno a ruba, malgrado costino quattro volte tanto (4 euro al kg, contro 1). Altro segnale positivo, l'avvio delle esportazioni verso la Germania.

«Il mercato aspetta le nostre castagne», continua Cualbu, «praticamente stiamo importando la quasi totalità del prodotto mentre la poca produzione locale viene smaltita in brevissimo tempo, quasi tutta durante le sagre. Le prospettive sono ottime e ci consentirebbero di aumentare di oltre il 5.000 % il fatturato, da 300mila a 16milioni di euro». In ogni ettaro infatti possono essere impiantate circa 100, massimo 120 piante di castagno. Ognuna di queste a regime produce circa 40 kg ciascuna, quindi 40 quintali a ettaro. Oggi invece la produzione oscilla tra i 15 e 20 quintali a ettaro. «La Coldiretti», conclude Cualbu, «da tempo crede in questa coltura e la sostiene. Lo testimonia anche il prestigioso riconoscimento ottenuto dall'Associazione Castanicola forestale di Desulo, che vinse nel 2008 l'Oscar green, promosso da Coldiretti Giovani-Impresa e riservato alle aziende innovative ed ecocompatibili».

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