Sono lontani i tempi del boom economico italiano. Fino agli anni Settanta l’Italia cresceva a livelli superiori a tutto il resto d’Europa, e oltre alla “dolce vita”, sorprendeva il mondo con le proprie invenzioni e con i suoi prodotti di alta qualità.

In uno scenario dominato dagli Stati Uniti e dall’Unione sovietica, per citare una delle tante eccellenze italiane di quegli anni, lo Stivale lanciò e mantenne in orbita un satellite solo dopo Washington e Mosca. Prima di tutti gli altri.

Correva l’anno 1964 e il satellite San Marco cominciò a regalare dati scientifici importantissimi sulle caratteristiche fisiche dell’aria dello spazio.

L’Ocse, l’organizzazione dei Paesi economicamente avanzati, mercoledì ha pubblicato le statistiche sugli investimenti in ricerca e sviluppo dei suoi paesi membri.

POCHI INVESTIMENTI IN RICERCA - L’Italia è relegata nelle ultime posizioni. Alla ricerca e sviluppo dedichiamo solamente l’1,29%.

La stessa percentuale che investivamo quando la Cina non era il gigante economico che è oggi (investono il 2% del Pil) e le Tigri asiatiche si erano svegliate da poco (la Corea del sud, la patria della Samsung, l’azienda che vende il maggior numero di smartphone al mondo, investe il 4,29%).

La stessa percentuale di quando Bill Clinton era al suo primo mandato da presidente e a Mosca c’era Michail Gorbaciov.

IL MONDO CAMBIA, ITALIA INDIETRO - Il mondo è cambiato, ma l’Italia sembra non essersi adeguata. Certo, ancora oggi siamo leader nelle tecnologie satellitari e in altri settori, quello che ci consente di avere un buon settore industriale votato alle esportazioni, un salvagente che ci ha tenuto a galla in questi anni di crisi. Ma quanto ancora potrà durare questo primato se non si investe per mantenerlo?

Leggendo le cronache economico-politiche dei giorni nostri sembra che i tempi del protagonismo nostrano siano lontani.

L’Italia non cresce più come una volta e la frontiera tecnologica sembra lontanissima da noi. L’economia della rete, si pensi a Google, Facebook a Apple, non vede campioni nazionali che possano competere adeguatamente.

TORNARE A INVESTIRE IN INNOVAZIONE - Usando una metafora, non siamo in grado di lanciare un altro satellite San Marco.

Non saremo in grado di farlo se non torneremo a dedicare nuove risorse all’innovazione.

Il legame tra innovazione e crescita economica è riconosciuto dalla quasi totalità degli economisti. Se ci si ferma un attimo a pensare, riesce facile vedere il collegamento.

Chi ha inventato la ruota ha innovato e, se ci fosse stato un modo per registrare un brevetto, quell’uomo sarebbe diventato ricchissimo.

La ruota doveva essere prodotta in quantità tali da richiedere al suo inventore la collaborazione di più persone. In altre parole egli avrebbe aperto un’azienda e dato nuova occupazione e quindi crescita economica al Paese di residenza: la Mesopotamia del 5000 a.c.

Investire in ricerca e sviluppo significa avere la possibilità di dare al mondo di domani una soluzione a vecchi problemi. L’Italia ha una lunga tradizione nel giocare questo ruolo. Non dovrebbe dimenticarlo.

Edoardo Garibaldi
© Riproduzione riservata