Laurearsi conviene ancora: si trova lavoro più facilmente e le retribuzioni sono migliori.

Il crollo nell'occupazione dei laureati che ha caratterizzato gli anni della crisi sembra essersi fermato e comincia a spuntare qualche timido segnale di ripresa, ma molto dipende dalla facoltà scelta. I due atenei sardi (Cagliari e Sassari) sono in media sotto il dato nazionale, con un tasso di occupazione (a cinque anni dal conseguimento del titolo) che si ferma a circa il 70% contro una media nazionale dell'86%. Ma alcuni settori offrono più sbocchi occupazionali in linea col resto dell'Italia: medicina, chimica-farmaceutica, ingegneria e architettura.

A certificarlo sono i numeri di AlmaLaurea, il consorzio tra università che ogni anno tasta il polso alle performance occupazionali dei neo laureati. Secondo la diciassettesima indagine del consorzio, che ha coinvolto 490mila laureati in 65 atenei italiani (ma ormai il consorzio ne abbraccia 72, dopo l'ingresso di quasi tutte le università milanesi) a un anno dal conseguimento del titolo, il 66% dei laureati triennali (o di primo livello) è risultato occupato. Ed è andata anche meglio ai colleghi con laurea magistrale biennale il cui tasso di occupazione ha raggiunto il 70%. Mentre i laureati magistrali a ciclo unico hanno dovuto accontentarsi di un tasso di occupazione del 49%. Ma per la prima volta si vedono quelli che il rapporto definisce «timidi segnali di ripresa»: una (quasi impercettibile) contrazione del tasso di disoccupazione per i laureati del 2013, mezzo punto percentuale in meno rispetto a chi ha discusso la tesi nel 2012.

Ulteriori dettagli nell'articolo di Marzia Piga sull'Unione in edicola
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