Per lo Stato: interessi più bassi sul debito pubblico. Il Governo avrà così maggiori risorse da destinare a provvedimenti per la crescita. Ecco, in estrema sintesi, il "Qe" di Draghi tradotto in pillole.

La Bce ieri ha varato il Quantitative easing: 60 miliardi al mese per l'acquisto di bond fino a settembre 2016. Gli effetti sperati e previsti da Draghi sono diversi.

Con il "Qe" la Banca centrale stampa moneta e poi compra sul mercato finanziario titoli di Stato (o di altro tipo). Obiettivo: far risalire l'inflazione e aumentare domanda e crescita. La prima conseguenza è che il prezzo dei titoli sale (perché c’è più domanda) e il loro rendimento, cioè il tasso di interesse che ogni Stato paga per finanziare il proprio debito, scende. Lo Stato italiano, gravato da un debito pubblico stellare, vera emergenza della nostra epoca, ne trarrà subito giovamento.

Nel frattempo le banche, allegerite dal peso dei titoli pubblici, potranno tornare a finanziare. Uno degli effetti più devastanti della crisi è stata proprio la stretta creditizia, quel "credit crunch" che unito a una pressione fiscale da record ha annientato la capacità - e perfino la voglia - di fare impresa. Ecco, la scommessa di Draghi è che, acquistando titoli di Stato, le banche possano ricavare liquidità da impiegare fornendo credito a famiglie e aziende (in questo contesto si inquadra anche la decisione di ridurre di 10 punti base il costo del denaro nelle aste Tltro, i finanziamenti agevolati al settore bancario finalizzati al credito alle imprese). Le famiglie, quindi. Prestiti e mutui dovrebbero essere concessi più facilmente e a condizioni più favorevoli (siccome i tassi sui mutui ipotecari sono già ai minimi storici, è difficile che possano scendere ancora).

Intanto, più si stampa moneta, più la valuta si deprezza. La svalutazione dell'euro, insieme al primo effetto di cui si è parlato - il calo dei rendimenti dei titoli di Stato - sono le conseguenze dirette dell'iniezione di liquidità ad opera della Bce, capaci a loro volta di generare gli effetti "a catena" di cui stiamo parlando. La conseguenza di un euro debole è un export forte, altro punto a favore delle tante imprese dissanguate dalla crisi. Al tempo stesso, l’aumento dell’offerta di moneta crea inflazione. Moneta debole e un minimo di inflazione, insieme, hanno quindi effetti benefici sull’economia reale (il calo dei prezzi, al contrario, innesca una spirale negativa per cui le imprese non investono, i consumatori non acquistano e l’economia ristagna). Più produzione, più investimenti, più consumi significano anche più occupazione (qui il commento, all'indomani della mossa Bce, del premier Renzi). Nel frattempo il Governo - sempre nell'ottica che il "Qe" sortisca gli effetti sperati - potrà godere di un aumento delle entrate e di un calo della spesa per interessi, condizioni che gli consentiranno di ridurre le tasse e effettuare investimenti pubblici. O almeno, questo è l'auspicio.

Emanuela Zoncu (e.zoncu@unionesarda.it)
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