L'imposta di soggiorno continua a garantire ottimi incassi alle Amministrazioni Comunali che l'hanno introdotta. Amministrazioni il cui numero è in continuo aumento: l'introito passerà infatti dai 287 milioni 350 mila Euro dell'anno 2013 ai circa 382 milioni dell'anno in corso, con un incremento percentuale del +32,9%. In Sardegna, nel 2013, avevano applicato la tassa nove comuni: Villasimius, Pula, Teulada, Carloforte, Castiadas, Domus de Maria, Fordongianus, Maracalagonis e Muravera.

LO STUDIO - Il dato è collegato al fatto che ad agosto di quest'anno l'imposta di soggiorno è in vigore in 649 Comuni, ben 149 in più rispetto a dicembre dello scorso anno (+29,8%). "Se da un lato gli italiani hanno preso piena conoscenza di questa imposta e non la considerano quasi più uno strumento di non-scelta della destinazione di vacanza, dall'altro però mantengono giudizi negativi sulla stessa tassa (56%), con una forte percentuale di coloro che affermano che gli introiti non vengono utilizzati a fini turistici, perché non si vede nulla di nuovo. Serve, quindi, maggiore attenzione e sensibilità da parte degli Amministratori Comunali, che devono pensare di più a politiche e servizi relazionali con gli ospiti e di meno al semplice conteggio matematico degli incassi derivanti dall'imposta di soggiorno", afferma Massimo Feruzzi, amministratore unico della società di consulenza turistica Jfc e responsabile dell'Osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno, che ha elaborato questo studio che l'ANSA pubblica in esclusiva.

LE PROTESTE - In dettaglio, i dati dicono che, a circa tre anni dalla sua introduzione, la quota degli italiani "contrari" passa dal 79.6% dello scorso anno, all'attuale 56%. Aumenta la quota di coloro che si manifestano "neutrali" (14,5% contro il 6,6% dello scorso anno) e di chi, invece, si dichiara "favorevole" (29,5%, contro il 13,8% dello scorso anno). Il 25,3% la reputa "odiosa, inutile, un abuso e una truffa legalizzata" (era il 31,1% lo scorso anno), per il 4% "deprime il turismo", secondo il 4,1% si tratta di "un'altra tassa sulla testa degli italiani" (era il 16,3% lo scorso anno), mentre per il 9,9% rappresenta un "deterrente nella scelta del luogo di vacanza" (era il 15,7% lo scorso anno). Il 23,9% è invece convinto che "la sua applicazione non viene utilizzata per fini turistici: non si vede nulla di nuovo" e il dato era appena all'11,7% lo scorso anno. Per il 4,4% la tassa "è inopportuna" e per il 20,2% "dovrebbe essere inserita nel prezzo della camera". Dalla rilevazione emerge poi chiaramente come la maggior parte degli italiani sia a conoscenza della cosiddetta "tassa di soggiorno": l'88,9% ne "ha piena conoscenza", mentre l'8,5% "ne ha semplicemente sentito parlare". Solo il 2,6% "non sa di cosa si tratti". Infine, lo studio, che fa anche un focus sul turismo tedesco, evidenzia come la tassa scoraggi l'arrivo di turisti dalla Germania. Se infatti per il 45,4% dei turisti tedeschi non fa nessuna differenza la presenza dell'imposta di soggiorno nel momento in cui effettuano una prenotazione in Italia, sale al 17,6%, quando lo scorso anno era pari al 6,1%, la quota di coloro che dichiarano che "se c'è la tassa vado in un'altra destinazione". Emerge, soprattutto, che per gli ospiti tedeschi è molto più importante sapere di dover pagare questa tassa e a quanto ammonta il suo importo, rispetto al pagamento in quanto tale. Il 55,9% dei tedeschi che si sono trovati nelle condizioni di pagarla quest'anno ne era al corrente "perchè aveva preso informazioni personalmente"; un 22,5% afferma di averlo saputo perchè gli era stato comunicato "al momento della prenotazione", il 14,7% ha saputo di dover pagare l'imposta al momento dell'arrivo in albergo, mentre il 6,9 ha scoperto di doverlo fare "al momento del saldo presso la struttura ricettiva".
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