Il bonus sarà di 80 euro tondi, non uno di più né uno di meno. E arriverà, come promesso, subito, con la prima busta paga disponibile, quella di maggio, per 10 milioni di italiani. Matteo Renzi sgombra il campo dalle mille ipotesi, dai mille calcoli e dalle mille possibilità emerse in questi giorni anche grazie al lavoro dei tecnici del Tesoro e di Palazzo Chigi e porta fino in fondo la sua linea annunciata il 12 marzo. Per rinfoltire gli stipendi non si utilizzerà più, come inizialmente previsto, il meccanismo della detrazione, ma si avrà per quest'anno un credito da 640 euro totali, da suddividere appunto in 8 mensilità. L'aumento di stipendio netto, ha spiegato il presidente del Consiglio, arriverà per la fascia di reddito compresa tra gli 8.000 e i 24.000 euro lordi l'anno. Poi, per quella compresa invece tra i 24.000 e i 26.000 euro sarà previsto un leggero decalage. Niente dunque per il momento sarà destinato ai cosiddetti incapienti, quelli all'interno della no tax area che arriva al massimo a 8.000 euro annui. Per loro qualcosa potrebbe essere deciso in un prossimo futuro, in provvedimenti delle prossime settimane o mesi, ha assicurato Renzi, che, contravvenendo ad una sua abitudine, non si è tuttavia stavolta sbilanciato sulla tempistica dell'intervento. Era stato lui stesso, dieci giorni fa, ad allargare la platea dei beneficiari dell'operazione anche alla fascia più povera della popolazione, ovvero ad altri 4 milioni di italiani. Molte delle ipotesi messe a punto a Via XX Settembre prevedevano quindi l'estensione del bonus anche alla no tax area, con un aumento in percentuale delle buste paga del 3,5% e con uno stanziamento di risorse che però avrebbe ridotto il beneficio a favore di tutti gli altri redditi. L'idea di far rientrare anche gli incapienti nelle coperture assicurate dalla spending review e dalle altre misure necessarie per ottenere 6,9 miliardi è così saltata all'ultimo momento, non ottenendo il 'bollino' finale. La scelta è caduta così sull'ipotesi iniziale di destinare i "mitici" 80 euro ai 10 milioni di lavoratori indicati sin dall'inizio dal premier.
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