Ci siamo: anche quest'anno la campanella sta per suonare e le scuole riaprono i battenti dopo l'infinita pausa delle vacanze estive. Già da qualche giorno, però, giornali e media di tutti i tipi ci raccontano la solita tragicomica realtà della scuola nostrana. I titoli parlano naturalmente dei troppo pochi dirigenti per mandare avanti il sistema scolastico, di aule con tetti che perdono i pezzi e di scioperi che già incombono, il tutto accompagnato dalla tradizionale litania sulle cattedre ancora da assegnare e sulle file di precari della scuola che attendono l'agognata chiamata come la manna dal cielo.

In questo panorama, che ripetuto anno dopo anno ha oramai del surreale, ci godiamo le dichiarazioni dei politici, le inevitabili e pressoché inutili proteste dei genitori e lasciamo, con eccessiva noncuranza, gli insegnanti al loro destino di vittime di un sistema scolastico che pare pensato apposta per far impazzire chi ci lavora.

Non ci credete? Allora "Avventure tragicomiche di una supplente" (HarperCollins, 2018, pp. 270, anche e-book) è il libro fatto apposta per farvi ricredere.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

A scrivere questo vero e proprio vademecum della surreale follia che alberga nella scuola italiana è Beatrice Viola, pseudonimo sotto cui si cela una vera aspirante docente che ha voluto mettere nero su bianco, senza scadere nel piagnisteo, anzi strappandoci più di una risata, le molteplici avventure che le sono occorse in anni di onorevole carriera da supplente che più precaria non si potrebbe.

Un precariato fatto di attese infinite col cellulare sempre acceso, di file altrettanto infinite al Provveditorato, di vertiginose incursioni nei meandri dell'Inps per capire se, tra una supplenza e l'altra, una precaria della scuola può considerarsi una disoccupata a tutti gli effetti.

In mezzo a tutta questa italica burocrazia le avventure brevi e lunghe nelle classi più disparate. Mesi infiniti in una classe di aspiranti meccanici a cercare di comprendere un idioma fatto di dialetto bresciano e di turpiloquio a 360 gradi. Autunni gelidi nelle valli più lontane a preparare il lavoro di Natale e la recita per i genitori, tutte cose che la supplente non vedrà mai perché nel frattempo la supplenza sarà finita per far posto a un'altra precaria ma con più punti in graduatoria.

Il tutto condito da una gustosa ironia, anche da una certa dose di sarcasmo che serve giustamente a non farci dimenticare che della scuola e delle sue tragicommedie si può anche ridere, ma che deve rimanere dentro di noi un senso profondo di amarezza, una giusta indignazione di fronte al fatto che la scuola italiana, la nostra scuola, è sempre di più una macchina infernale, diretta a velocità costante dentro al baratro. Ecco, non dimentichiamoci che dentro quella macchina ci sono i nostri figli e la parte più importante del nostro futuro.
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