Nessuno scrittore al mondo di libri per ragazzi, probabilmente, ha raggiunto lo stesso successo del francese Jules Verne. I suoi romanzi, secondo l'Index Translation dell'Unesco, sono tra i più tradotti al mondo, insieme alle opere di Walt Disney, Agatha Christie e Shakespeare.

Ma Verne, oltreché autore di libri, a differenza degli altrettanto brillanti compagni di podio, fu anche "inventore": con la sua fervida fantasia, riuscì ad anticipare le scoperte che avrebbero rivoluzionato di lì a pochi anni la scienza moderna, e ad esempio i sottomarini, i taser (le pistole elettriche date recentemente in dotazione alle nostre Forze dell'Ordine) e persino le scritte aeree. Un vero e proprio luminare.

Una delle opere più note di Verne, mandata alle stampe centoquarantaquattro primavere fa in Francia, editata in Italia dieci anni dopo la pubblicazione d'Oltralpe, è "Viaggio al centro della Terra" che, come suggerisce il titolo, descrive una spedizione alla ricerca del centro terrestre, compiuta da tre uomini coraggiosi e disincantati. L'opera si inserisce nel filone letterario della fantascienza del mondo perduto: la tematica di base del romanzo verniano, inoltre, non è propriamente inedita; storie simili a questa, ma molto più formali tecnicamente, furono redatte da Casanova nell'"Icosameron" nonché da Dante Alighieri nella prima cantica della "Commedia". A ogni modo, "Viaggio al centro della Terra", nonostante si inserisca nel solco della più illustre tradizione letteraria, resta unico.

Il romanzo, seppur caratterizzato da un macrocontesto di naturale apprensione per la precaria sorte dei suoi protagonisti, lasciati dalla fantasia autoriale in cattività e continuo pericolo, trasuda di un miope positivismo, quasi cieco, poiché, secondo Verne, "l'uomo", con le sue doti, può vincere ogni tipo di sfida. Il testo è pertanto ricco in prolessi, cioè anticipazioni foriere di salvezza, le quali ostacolano il regolare defluire della lettura: "spoiler", diremmo oggi.

Abbondano i dialoghi incalzanti lungo il tragitto narrativo, complice l'amore di "Giulio" Verne verso il mondo teatrale. Un amore corrisposto: più che per le royaltes sui suoi libri, Verne si arricchì, nella vita reale, grazie alla teatralizzazione delle sue opere. Onnipresenti le descrizioni nitide e pittoresche, insieme alle concitate discussioni tra i personaggi: in "Viaggio al centro della Terra", lo scrittore francese ci fa respirare la brezza oceanica e osservare i bucolici quartieri islandesi, nonché annusare il greve odore del sottosuolo e osservare i cunicoli delle grotte. D'altro canto, i personaggi vengono immessi tra le righe con poche (e imprecise) pennellate di colore: poca attenzione per il lato umano e molta cura per la rappresentazione del contesto, sembra essere il postulato verniano. "Viaggio al centro della Terra" appare irresistibilmente elegante, sobrio, raffinato e ad alta comprensibilità. "D'ora in poi viaggerò solo con la fantasia", la solenne promessa che a undici anni fece Verne, scoperto dal padre mentre stava partendo come mozzo per le Indie. E, con sé, Jules, grazie a quel giuramento (quasi) mai infranto, ha fatto viaggiare i milioni di lettori che ne hanno apprezzato le opere: ragion per cui pure l'opera di cui parliamo si è diffusa capillarmente nelle librerie mondiali, divenendo un classico la cui lettura è imprescindibile per ogni appassionato (e non) di fantascienza.

di Alessio Cozzolino*

(*giovane liceale cagliaritano)
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