Speranza, parola spesso abusata ma troppe volte dimenticata nel momento in cui se ne avrebbe più bisogno. Mentre ci si concentra sui propri problemi, sulle paure e sulle insicurezze personali rimane come soffocata, sopraffatta da mali oscuri, da tristezze maligne che alla fine trasformano l'esistenza in vita non vissuta, in vita perduta, della quale si può morire e all'interno della quale ci si lascia morire.

Eppure la speranza è un'inclinazione pienamente umana, insita dentro di noi. È un'inclinazione all'apparenza fragile e impalpabile che ci consente continuamente di accedere alla pienezza della vita. Come ha scritto Friedrich Nietzsche: "La speranza è l'arcobaleno gettato al di sopra del ruscello precipitoso e repentino della vita" e proprio da questo aforisma e dalla certezza che dalla speranza non ci si debba mai separare se si vuole vivere e non sopravvivere, prende le mosse Eugenio Borgna nel suo ultimo lavoro, L'arcobaleno sul ruscello (Raffaello Cortina editore, 2018, Euro 11,00, pp. 130).

Per Borgna, classe 1930 e decano della psichiatria italiana, la speranza "è come un ponte che ci fa uscire dalla nostra solitudine, e ci mette in relazione con gli altri", come amava definirla la filosofa spagnola Maria Zambrano. È la chiave di volta che ci sostiene nelle difficoltà della vita quotidiana, ma anche negli abissi della psicopatologia. La speranza non può quindi che essere da sempre e per sempre al centro della cura, perché senza di essa, per Borgna, non si riuscirebbe a trovare le parole da rivolgere ai pazienti, quelle più consone a ciascuno.

È una sorta di stella cometa che illumina le notti dell'anima, è il punto di arrivo ma anche quello di partenza per la scoperta e l'accettazione di noi stessi, dei nostri limiti, delle nostre pecche. Una scoperta che passa attraverso il perdono verso noi stessi e gli altri e la presa di coscienza di una verità che troppo spesso dimentichiamo.

"Non ci accorgeremmo nemmeno dell'importanza e della significazione umana della speranza, e delle esperienze emozionali, se non ci accompagnasse l'idea che ci sono più cose in cielo e in terra di quelle che non conoscono le nostre filosofie, ma anche le nostre psichiatrie, e l'idea che in vita sia necessario non lasciarsi trascinare dalla sola ragione calcolante, dalla conoscenza razionale, ma anche dalla ragione emozionale: dalle ragioni del cuore", scrive Borgna nel libro, come a volerci tirare fuori una volta per tutte dagli eccessi tecnologici e razionalistici del nostro tempo per riscoprirci uomini tra altri uomini, né meglio, ne tantomeno peggio dei nostri simili e a loro compagni nell'avventura umana.
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