Il nazismo è parte della più triste storia del Novecento. Contiene in sé, però, anche qualcosa di eterno, di universale. Il nazismo si alimenta dell'idea inqualificabile che esistano esseri umani inferiori ad altri con tutte le conseguenze che questo comporta. E il nazismo continua a esistere anche perché spesso giriamo la testa di fronte a un sopruso, un'ingiustizia. Troppe volte, pensiamoci, preferiamo farci i fatti nostri, preferiamo non intrometterci, preferiamo non occuparci di quello che non riguarda noi o la nostra famiglia. È così oggi, era così nella Germania dei primi anni Trenta del Novecento, palcoscenico del coinvolgente "Lanterna per illusionisti" (Bompiani, 2018, pp. 240, anche ebook) di Pierpaolo Vettori.

Protagonista del libro è una grande e sfortunata amicizia, quella tra Hans e Max, anzi il grande Max per la sua capacità di essere leader e di farsi amare.

Il grande Max che insegna agli amici il jazz, la musica rivoluzionaria che fa orrore ai nuovi padroni della Germania.

Hans adora Max ed è innamorato di sua sorella Kitty. I loro legami paiono destinati a durare per sempre fino a che non comincia a dividerli il vento d'odio che attraversa la nazione tedesca.

Zio Gerd, un reduce della Prima guerra mondiale frustrato e violento, decide di educare il nipote Hans come un virgulto della Hitlerjugend. E il carisma del grande Max si appanna perché un ebreo come lui non può essere un leader nella nuova Germania. Non può essere nulla di buono e Hans inizia a dubitare di sé: è così facile credere a quello che viene propagandato per le strade e lasciar scivolare nell'ombra Kitty e Max. È così facile sentirsi parte della massa, avere consenso, più difficile fare la cosa giusta. Hans si lascia trasportare dal suo tempo fino a che è troppo tardi.

"Hans è come noi – racconta a L'Unione Sarda Pierpaolo Vettori – anzi come il 99% di noi. Non è né tutto buono, né tutto cattivo. È giovane e come tutti i giovani ha bisogno di trovare una collocazione ed è molto sensibile a quello che gli accade attorno. Per questo ho voluto raccontare la sua storia, la storia di un ragazzo come tanti che si trova a vivere in un'epoca in cui succedono lentamente, ma inesorabilmente cose terribili. Noi sappiamo come è andata a finire in quegli anni Trenta, Hans ancora non lo sa, però il suo mondo sta cambiando e lui è immerso in questo cambiamento. E non sempre ha la forza di opporsi".

Il "fascino" di Hitler sui giovani tedeschi
Il "fascino" di Hitler sui giovani tedeschi
Il "fascino" di Hitler sui giovani tedeschi

Hans proprio per il fatto di non sapere come poi andranno le cose è meno colpevole delle atrocità legate al nazismo?

"È quello che sosterranno tanti tedeschi dopo la guerra, 'non sapevo', 'non conoscevo'. Quello che però voglio raccontare nel mio romanzo è quanto sia diffuso l'atteggiamento di ambiguità morale che ritroviamo anche in Hans e in tanti personaggi del romanzo, una ambiguità morale che permette poi che tante malvagità si compiano. Quando Hitler va al potere per i tedeschi le cose vanno meglio, la nazione recupera prestigio, tanti tedeschi vengono favoriti per il fatto di aver aderito al partito nazionalsocialista oppure perché prendono il posto degli ebrei a cui viene impedito di lavorare".

C'era però un rovescio della medaglia…

"Certo. Questo star meglio di tanti tedeschi si basava su atrocità, su una concezione terribile del mondo, però tantissimi facevano finta di non sapere, tacitavano le loro coscienze. Chi non era toccato dalla violenza, chi non era ebreo proseguiva nella maggior parte dei casi la sua vita così come oggi noi continuiamo la nostra vita nonostante le guerre e le atrocità che ancora avvengono. Ecco, il mio romanzo è frutto anche del mio interrogarmi su come mi sarei comportato se fossi vissuto negli anni Trenta. Ognuno di noi è debole e bisogna fare attenzione a dove si annida il male".

Hans ha conosciuto il male del nazismo. Questo non lo rende più capace di riconoscerlo?

"Il male è veramente ambiguo e subdolo e dentro di noi spesso preferiamo girare la testa dall'altra parte, lasciar correre. Alla fine del romanzo, siamo nel 1984, Hans si trova di fronte a uno dei cattivi che aveva conosciuto quando era ragazzo: Fredo, membro della Gestapo, assassino di bambini e pedofilo, cioè il peggio del peggio. Hans non è uno stupido, crede di aver imparato la lezione e si saper riconoscere il male eppure finisce quasi per credere alle parole di Fredo, a quello che dice per giustificare i propri crimini. Accettare una versione di comodo è comunque la via più facile".

Non impariamo neppure dalla storia, anche se è personale?

"A mio parere non è così facile imparare dalla storia. Bisogna studiarla a fondo e fare uno sforzo personale di conoscenza. Senza questo sforzo siamo destinati a ricadere negli stessi sbagli, anche perché dimentichiamo con facilità il passato e la nostra vita non è poi così lunga. Bastano spesso una generazione o poco più per rimuovere gli errori. A volte poi, anche se si sa cosa è giusto o sbagliato, prendiamo la via sbagliata comunque".

La copertina del libro di Pierpaolo Vettori
La copertina del libro di Pierpaolo Vettori
La copertina del libro di Pierpaolo Vettori

Perché secondo lei?

"Perché siamo molto bravi ad autoassolverci, a giustificarci, a modificare la nostra memoria quando ci conviene. E vogliamo per noi e la nostra famiglia il meglio anche a costo di venire a patti con la nostra coscienza".

Perché il titolo "Lanterna per illusionisti"?

"Perché ogni personaggio del libro vive una propria illusione, preferisce distorcere la realtà piuttosto che ammettere la verità. Tutti quanti nel libro cercano alla fine di trovare una nicchia confortevole dove vivere, un po' come facciamo tutti, io stesso tante volte. È più comodo passare la serata a guardare la Tv piuttosto che scendere in piazza a manifestare perché ci sono delle ingiustizie. Viceversa l'individuo deve saper fare questa fatica se vuole che le cose cambino".
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