Daria Guidetti ha cavalcato un asteroide, sfiorato le costellazioni, saltellato tra i crateri della Luna. Aveva cinque anni, ed era solo un sogno, ma quando si è risvegliata nel suo letto, dopo quella strana notte, ha deciso che nella vita avrebbe scoperto "che cosa aveva visto".

E così ha fatto.

Guidetti, empolese, quasi quarant'anni, si è laureata in Astronomia all'Università di Bologna.

Poi un dottorato all'European Southern Observatory a Monaco di Baviera, in Germania, e nel 2012 la vittoria del premio nazionale "V. Ferraro" per la migliore tesi di dottorato italiana in Fisica e Astrofisica sui campi magnetici. Oggi è ricercatrice all'Istituto di Radioastronomia di Bologna. Ha fatto di un sogno un lavoro, di una passione la sua ragione di vita.

Come è arrivata a questi risultati?

"Appena ho imparato a leggere, ho cominciato a "studiare" libri di geografia astronomica, adatti chiaramente a una bambina della mia età. A scuola ho scoperto che mi piacevano molto la matematica e le materie scientifiche in generale. Ero molto portata con i calcoli e le equazioni. Poi è accaduto quella che io considero una svolta".

Cos'è successo?

"Avevo sedici anni e ho cominciato a frequentare un'associazione di astronomia, il Gruppo Astrofili Montelupo. Ho trovato tanti appassionati della mia età, e ho scoperto gli asteroidi... questi sassi di varie dimensioni, alcuni molto piccoli, altri grandi quanto l'Italia, che nei film fantascientifici minacciano sempre di colpire la Terra. Cosa che, per la cronaca, è assai rara e difficile. Da allora, ho deciso che la mia non poteva essere solo una passione e mi sono iscritta all'Università di Bologna".

In cosa consiste la giornata tipo di un astronomo?

"Io studio la radioastronomia, ossia l'analisi dell'emissione di onde radio nelle galassie, connessa all’attività radio di buchi neri, e i campi magnetici. È un normale lavoro d'ufficio: sono seduta nella mia postazione, al pc, inserisco e confronto i dati frutto delle mie ricerche. L'obiettivo è arrivare a pubblicare il nostro lavoro su importanti riviste di settore. La parte bella sono i viaggi..."

Dove è stata?

"In base all'attività di un astronomo cambiano i punti di osservazione. Per la radioastronomia, i telescopi che più mi sono utili si trovano in New Mexico e in Cile. Lì, guardando i cieli dell'America, ho fatto le mie scoperte più importanti".

Cosa pensa della divulgazione scientifica, tornata di moda grazie al fenomeno Angela?

"Io sono una divulgatrice: amo parlare in pubblico, condividere quello che so con parole comprensibili per tutti. Spesso intervengo a Unomattina e sono prossima a una nuova avventura televisiva, di cui non posso ancora dire molto. C'è tanto interesse per la scienza, persino tra i tifosi del calcio...".

Del calcio?

"Certo! Sono stata inviata negli stadi a Quelli che il calcio. Ero chiamata a commentare l'Empoli, la mia squadra del cuore nonché la città in cui sono nata. E, tra un'azione e un'altra, dovevo regalare qualche pillola di astronomia. Il mio pubblico preferito, comunque, resta quello delle scuole. Quando entro nelle classi e comincio a parlare di stelle, sa chi mi circonda con gli occhi che brillano di curiosità? Le bambine!"

Come mai?

"Spesso si crede che la scienza 'dura', la fisica, la matematica, sia un campo per uomini. Mi sono occupata di questi preconcetti scrivendo la tesi per il mio master in giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza, sugli stereotipi di genere. Niente di più sbagliato. Le donne devono tingere di rosa il mondo accademico, e spero che nel tempo siano sempre di più. Sono un valore aggiunto, portano creatività e quindi innovazione".

Riesce, da donna, a lavorare e mantenere una famiglia?

"Assolutamente, anche con i miei viaggi e le mie conferenze in giro per il mondo. Ho un bambino piccolo, e lui è il primo destinatario dei miei insegnamenti. Quando cadono oggetti a terra, non manco di ricordargli che succede per la forza di gravità!".

Lei si definisce un'astronoma romantica. Perché?

"Molti miei colleghi si perdono tra numeri e modelli teorici e con il tempo smettono di emozionarsi per il lavoro straordinario e unico che facciamo. Io invece, guardando il cielo, un tramonto, una luna piena, mi commuovo ancora. Una volta ero in montagna per osservare le stelle con il telescopio ma, quando ho alzato lo sguardo, mi è mancato il fiato. Mi sono stesa sull'erba e ho semplicemente contemplato la volta celeste...".

Angelica D'Errico

(Unione Online)
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