Divisa scolastica sì o no: sta facendo discutere in questi giorni la decisione della dirigente scolastica Rosanna Rosa di imporre, all'interno dell'alberghiero Pittoni di Pagani, piccolo comune della provincia di Salerno, l'utilizzo per tutti gli studenti della divisa.

In particolare, una modifica del regolamento interno all'istituto dispone l'obbligo per i giovani alunni, dal 15 gennaio scorso, di indossare pantalone e maglietta blu con il logo della scuola.

La decisione nasce dal desiderio di insegnare ai ragazzi ad abbigliarsi in maniera consona al luogo, e il provvedimento, forse un po' troppo impositivo, pare tuttavia arrivare dopo ripetuti tentativi di richiamo al decoro mai rispettati dai ragazzi: "Sono anni – spiega la preside - che gli studenti vengono vestiti in modo non consono al rispetto e al decoro dell'istituzione scolastica, e ciò nonostante le diverse sollecitazioni da parte mia e dei docenti. Il nostro obiettivo è formare liberi cittadini rispettosi delle regole, costruendo una mentalità utile a svolgere efficacemente il proprio lavoro nell'ambiente alberghiero".

La decisione dell'obbligo delle divise è stata assunta dal Consiglio d'istituto. E la reazione degli studenti è arrivata con una pacifica ma sentita protesta in strada e nell'atrio della scuola.

Sotto accusa, in particolare, la genesi di una decisione non condivisa e il costo, ritenuto troppo alto, della divisa.

"L'obbligo di indossare le divise, oltre a confermare l'idea della scuola-azienda, è una snaturalizzazione della comunità scolastica – scrivono i ragazzi in una nota - la cui azione non è più educativa, non punta più allo sviluppo della personalità, all'educazione alla consapevolezza, alla valorizzazione della propria identità di genere, del nostro senso di responsabilità e della nostra autonomia, così come sancito dall'articolo 1 dello Statuto delle Studentesse e degli Studenti".

I giovani sottolineano poi gli "alti costi del contributo volontario per la divisa, che nella sostanza viene imposto dato che a chi non paga viene impedito l’accesso ad esercitarsi nelle materie pratiche, cosa che lede fortemente il diritto allo studio".

La questione non è in realtà nuova, poiché già nel 2016 una feroce polemica si era scatenata a seguito di un'analoga decisione da parte della dirigenza di un istituto scolastico del cuneese.

In quel caso, ad avere la meglio fu la scuola, con buona pace degli studenti.

(Unioneonline/v.l.)
© Riproduzione riservata