Lo strumento della narrazione che trae dalla tradizione poetica orale in logudorese.

"Gramsci, un'omine, una vida", progetto editoriale e artistico curato da Tonino Cau, da 41 anni anima dei Tenores di Neoneli, è un unicum. Duecento pagine, pubblicate col contributo della Fondazione di Sardegna, cantano l'intellettuale sardo più noto e celebrato al mondo con la lingua e secondo modalità – i testi sono in ottave - della sua nazione d'origine.

Nato ad Ales nel 1891, ma cresciuto a Ghilarza, Gramsci aveva particolarmente a cuore la parlata degli avi, com'è noto. In una lettera alla sorella Teresina le raccomandava lasciasse parlare suo figlio in sardo, "non un dialetto, ma una lingua a sé". In un'altra indirizzata alla madre - lo ricorda Salvatore Zucca nella prefazione all'opera – chiedeva conto - "sai che queste cose mi hanno sempre interessato molto" - dei temi trattati in una gara tra cantadores.

"Gramsci, un'omine, una vida", lavoro originale che giunge nell'ottantesimo anniversario della morte del grande pensatore, non si sofferma solo sugli aspetti biografici, sulla vita che il protagonista visse dentro i confini dell'Isola.

Il lavoro di Cau, pur partendo dai dati legati all'identità dello straordinario personaggio, dalle pregnanti e tenere relazioni con l'ambiente e con la famiglia, intende dar senso alla portata universale del pensiero di Gramsci, alla sua intransigente struttura morale.

Segue e indaga l'intero percorso di formazione dell'autore, gli atti politici, il matrimonio con Giulia Schucht e la nascita dei figli, la contrapposizione strenua al fascismo, la detenzione e la morte. Lo fa secondo un climax che la poesia (ogni testo è accompagnato dalla traduzione in italiano) ricava dall'appassionata scrittura di Gramsci, mettendone in luce il valore col linguaggio che le è proprio.

ll libro - che si tradurrà anche in un progetto artistico di cui i Tenores di Neoneli saranno gli esecutori, oltre che i padri - riconosce infine alcuni debiti d'ispirazione. A Peppino Fiori e alla sua magistrale "Vita di Antonio Gramsci". A Peppino Marotto, il poeta orgolese "che aveva per Gramsci una venerazione". E soprattutto all'incommensurabile eredità di Antonio Gramsci, "(...) semper biu in su sentidu/universale de sa libertade,/chi s'ala 'ona de s'umanidade/e sas generaziones at unidu/, issu est in sos coros imprimidu/ de chie bramat paghe e onestade,/ omine de virtudes desempladas/ si est amadu gai no est debadas".

Manuela Arca
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