Federico Rampini non è solo un giornalista che ama raccontare il mondo e i suoi cambiamenti. È prima di tutto un viaggiatore che non si è mai stancato di viaggiare e un osservatore a cui non è mai venuta meno la voglia di guardarsi attorno, provare a capire i luoghi e persone con cui viene in contatto.

Il suo ultimo libro, Le linee rosse (Mondadori, 2017, Euro 19,50, pp. 452. Anche Ebook), è un po’ una summa delle sue tante esperienze di viaggio, passate al vaglio delle sue grandi passioni: la geopolitica, la storia e la geografia. Perché Le linee rosse proprio questo vuole essere: un racconto politico, storico, ma soprattutto geografico, come testimoniano le tante belle carte e mappe che punteggiano il testo, arricchendolo. Carte che evidenziano i punti di forza e le debolezze delle grandi potenze del presente come gli Stati Uniti, la Cina e un po’ più arretrate India e Russia. Carte che mostrano la geografia del cambiamento climatico oppure dell’innovazione tecnologica, per farci capire quale direzione sembra prendere la nostra contemporaneità. Una contemporaneità che almeno secondo la vulgata pare mostraci il tramonto del secolo americano e l’inizio di una nuova era.

E il giornalista, corrispondente dagli Stati Uniti per Repubblica, intervistato da l'Unione Sarda prova a dare una spiegazione al cambiamento in atto.

Ma veramente le cose stanno così?

Il tema della fine del secolo americano e dell’inizio di quello cinese attraversa tutta la prima parte del mio libro; a mio parere non è così semplice dire se le cose stanno realmente così, anche se la presidenza Trump rappresenta un momento difficile per la leadership americana. Bisogna però tenere presente che l’America conserva al suo interno forze che le danno una marcia in più. Per esempio gli Stati Uniti sono diventati la più grande potenza energetica del mondo, sono totalmente autosufficienti da questo punto di vista e questo è un vantaggio immenso sul lungo periodo. Poi hanno il dominio dell’innovazione tecnologica. Insomma, prima di dare per finita l’America aspetterei. Piuttosto, guardando agli Stati Uniti, emerge un altro tema molto attuale.

Quale?

La volontà dell'America di non governare più il mondo e di affermarlo apertamente, proprio mentre la Cina ha un vero e proprio progetto imperiale concretamente rappresentato dalla Nuova via della seta, un formidabile progetto commerciale e infrastrutturale di collegamento con il mondo mediterraneo. E poi i cinesi hanno in Xi Jinping un presidente di tipo nuovo, autoritario, con un terribile complesso di superiorità rispetto all’Occidente e la convinzione che la Cina dominerà nel futuro.

L’Europa è destinata a fare da comprimaria?

In effetti l’Europa pare oggi smarrita, ma nel mio libro provo a staccarmi dall’analisi di superficie, legata alla contingenza del momento e mi soffermo sulla Germania che, piaccia o non piaccia, è il paese leader nel nostro continente. È stupefacente, guardando le mappe, vedere come i confini della Germania siano mutati continuamente negli ultimi due secoli. Nell’Ottocento la Germania era un insieme di staterelli e una volta riunita diventa in poco tempo una grande potenza. E ancora prima era il centro del Sacro Romano Impero Germanico che è durato dal Medioevo fino al XIX secolo. E sempre guardando le carte è interessante vedere come quell’impero quasi coincidesse con l’Europa a sei membri fondata nel 1957. In questo momento di forze centrifughe mi viene da dire, guardando alla storia e alla geografia, che quello che è destinato a salvarsi è quell’originaria Europa a sei che coincide con l’impero medievale. Un impero che, come l’Europa di oggi, aveva un centro debole ed era un’Europa di regioni.

Infine l’Italia. Che ne è del nostro paese?

Viaggiando come faccio io e vivendo all’estero posso dire che l’Italia gode di una stima enorme fuori dai suoi confini. Nel libro disegno una geografia dello stile di vita italiano all’estero e faccio l’esempio della globalizzazione del prosecco, uno dei tanti prodotti italiani diventati di tendenza in maniera impressionante. In tanti vorrebbero vivere come gli italiani ed esiste una globalizzazione dominata dall’Italia, solo che spesso non è l’Italia a goderne i benefici perché la pizza in Cina la esporta una catena americana. E questo è un dato su cui riflettere.

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