Il centenario della Prima guerra mondiale è stato celebrato con un vero diluvio di saggi, mostre, iniziative, indice che quell’evento lontano ancora segna le nostre coscienze ed è impresso in maniera viva nella memoria di noi italiani. Vale allora la pena riprendere in mano anche la tanta letteratura che si è ispirata ai fatti della Grande Guerra, rileggere le parole di quei poeti e scrittori che in prima persona si trovarono immersi in quei giorni difficili.

Pensiamo solo a quanto hanno da dirci i versi di Ungaretti e D’Annunzio dedicati alla guerra, espressione di spiriti tanto distanti tra loro eppure capaci di trasmetterci le sfaccettature della coscienza italiana di fronte al conflitto. Pensiamo agli scritti di Hemingway oppure di Stefan Zweig, capaci come pochi di raccontarci la desolazione della guerra e la dissoluzione della vecchia Europa.

Pensiamo, ed è questo il classico di cui ci preme parlare, al libro che più di tutti ha saputo rievocare la drammatica follia della Prima guerra mondiale a generazioni di lettori: Un anno sull’Altipiano di Emilio Lussu (1890-1975), oggi disponibile anche come audiolibro (Emons Edizioni, 2016, Euro 16,90). Scritto una ventina di anni dopo gli eventi narrati e pubblicato per la prima volta a Parigi, questo libro di memorie rievoca il periodo trascorso dalla Brigata Sassari, a cui apparteneva l’autore con il grado di capitano, sull’Altipiano di Asiago tra il giugno 1916 e il luglio 1917. Un anno in cui Lussu provò sulla propria pelle l’insensatezza di un conflitto combattuto in condizioni difficilissime, con i soldati costretti ad eseguire ordini spesso privi di ragione e ad operare avanzate e incursioni inutili ma costosissime dal punto di vista delle vittime.

Soprattutto il libro racconta la vita di trincea, l’atmosfera che vi si respirava, il cameratismo tra i soldati, la loro rassegnazione, le attese infinite, la noia che lascia il campo all’apatia e infine alla disperazione: «Il dramma della guerra è l’assalto. La morte è un avvenimento normale e si muore senza spavento. Ma la coscienza della morte, la certezza della morte inevitabile, rende tragiche le ore che la precedono», ci racconta il grande scrittore.

E Lussu non dimentica di celebrare il coraggio di chi la guerra comunque l’affrontava, pur attanagliato dalla paura e spinto solo dalla speranza che il conflitto finisse prima possibile. Per usare le parole dello scrittore Giulio Angioni, «Lussu compie il miracolo di contemperare il ripudio della guerra con l’ardimento del combattente». Scrive, infatti, un libro decisamente contro la guerra, ma senza il disprezzo che spesso opere di questo tipo hanno per il sacrificio, il valore personale, il coraggio.

Per questa ragione i protagonisti di Un anno sull’Altipiano – dal ribelle Ottolenghi all’astuto soldato Marrasi, passando per il delirante generale Leone e il generoso “zio Francesco” – appaiono veri e umanissimi. Capaci di trasmetterci con i loro gesti, le loro scelte, le loro parole una verità fondamentale: la guerra non è folle perché vi si uccide o si viene uccisi ma perché annulla completamente l’amore per la vita, propria e altrui, spingendo alla consapevolezza che, scrive sempre Lussu, «non è vero che l’istinto di conservazione sia una legge assoluta della vita. Vi sono dei momenti in cui la vita pesa più dell’attesa della morte».

Roberto Roveda

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