Dalla nascita alla morte, passando per tutto ciò che in mezzo accade e sempre con lo sguardo e l'obiettivo puntato verso la bocca: Cristina García Rodero, vincitrice del "Premio Nacional de Fotografía" e unica fotografa spagnola dell'Agenzia Magnum, segue il flusso delle emozioni umane e le fa confluire all'interno del progetto "Con la Boca Abierta".

Il Centro di documentazione di Palau, dopo le mostre di alcune grandi maestri tra cui Mario Dondero, Letizia Battaglia, Romano Cagnoni, Francesco Cito - e dei reporter delle nuove generazioni, come Alessandro Penso, Alfredo Bini e Mattia Insolera - ospita la retrospettiva organizzata nell'ambito del Festival Internazionale Isole che Parlano, in corso fino a domenica tra Palau, Golfo Aranci e La Maddalena. Aperta al pubblico fino al 30 settembre l'esposizione, dedicata alla fotografia di reportage, è un tuffo all'interno del vorticare dei cambiamenti del mondo.

Lo sgomento, la gioia, la noia e la stanchezza, ma anche i sorrisi liberatori e le bocche serrate in una smorfia di paura e timore: nei cinquantacinque scatti in bianco e nero realizzati a partire dagli anni Settanta e arrivati fino a oggi, la Romero gioca con le reazioni dei visi. Le va a scovare tra le masse, nella folla in fila durante le processioni religiose in giro per i luoghi di culto dell'Europa. Le trova nello sguardo orgoglioso di un anziano con un unico dente in bocca. Le cerca tra la ressa festosa del Christopher Day ad Amburgo, tra gli uomini con le barbe curate ma con una corona da principessa in testa.

Racconta, nella frazione di secondo carpita dalla macchina fotografica, uno stato d'animo, che non è mai ciò che a un primo sguardo potrebbe apparire. Negli occhi rivoltati al cielo della bambina di Sassari durante la cerimonia della Passione di Cristo, sono racchiusi decine di significati, che di mistico e religioso hanno poco, o solo uno spunto da cui partire. Le fotografie si susseguono, sistemate con una logica solo apparentemente inesistente, ma che viene fuori quando anche l'ultimo scatto è stato visto dall'occhio dello spettatore che non vorrebbe finisse.

Al centro della rassegna le bocche dei bambini, soprattutto. "Non fingono, non si mettono in posa e non hanno preconcetti o costruzioni - racconta Cristina García Rodero - Sono loro che fanno sì che lo spettatore possa godere della mostra in totale libertà, con la voglia di sperimentare le emozioni, di farsi domande, di godere delle sensazioni racchiuse dentro le bocche".

Se la prima fotografia della retrospettiva è del 1974, l'ultima è recentissima, ma lo scorrere degli anni è solo percepibile: indelebili e pressoché invariate nel tempo sono le emozioni umane.

"Volevo raccontare una storia fatta di mille storie, sempre partendo da una sensazione che non deve per forza essere bella, ma che può anche arrivare da un forte dolore".
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