Lavori in corso: riaffiora il Duce. Calma: è sotto forma di due scritte (e forse ce ne saranno altre stando alle foto d'epoca) ricomparse sulle facciate dell'ex deposito biciclette, Grande Miniera, in ristrutturazione affinché diventi incubatore di imprese. Ma tanto basta, considerate le origini di Carbonia, per ridestare il dibattito fra "compagni e camerati". Cioè fra chi davanti a queste scritte e altre testimonianze avrebbe la tentazione di farle sparire e chi invece ritiene siano da un bene storico da tutelare e valorizzare. In mezzo le posizioni sfumate di chi ritiene che questa fotografia della storia iniziale della città sia da sfruttare a fini turistici.

VECCHIO DIBATTITO - Una querelle sempre viva come quando venne scoperta in miniera una frase di Mussolini ("Coloro che preferisco sono quelli che lavorano duro, secco, sodo, in obbedienza e possibilmente in silenzio"): "Inizialmente la feci coprire perché non eravamo pronti con un pannello illustrativo, che scrissi personalmente per spiegare per completezza storica perché furono gli stessi minatori a nasconderla alla caduta del fascismo - spiega l'ex sindaco Tore Cherchi - poi la feci riapparire tranquillamente".

Di recente ha fatto discutere la proposta di ricollocare ai piedi della ex torre Littoria un leone in trachite simile a quello in bronzo, opera di Marcello Mascherini, presente agli esordi. E ora la nuova "scoperta" affiorata dal cemento: "Quella scritta non avrebbe ragion d'essere - analizza Ignazio Cuccu, figura radicata della sinistra sarda - ma dato che cancellarla desterebbe malumori, almeno la si accompagni con una didascalia che racconti perché è lì senza lasciarla alla mercé dei nostalgici». Filosofia che accompagna Luca Pizzuto, ex segretario regionale Sel: "Così quella scritta non può restare: serve spiegare cosa ha significato e quali effetti nefasti ha prodotto".

L'EDIFICIO - Intanto, da un punto di vista culturale, l'attenzione verso l'edificio e la ristrutturazione (le pareti originali verranno salvate, sono spariti i tramezzi successivi) è massima: ospitò la prima direzione della miniera, poi divenne sede dell'archivio e subito dopo la guerra falegnameria e calzoleria minerarie, infine deposito bici.

"Il problema - analizza Mauro Pistis, dirigente di un comitato per il recupero del patrimonio - non è il restauro ma i sotterranei. Forse c'erano o ci sono ancora cimeli e documenti: serve un sopralluogo e infatti lo abbiamo chiesto alla Sovrintendenza". Identica convinzione di Piepaolo Scanu, altro componente del comitato: "Fotografia di un'epoca, guai a toccarla". Epoca a cui (sfrondandola degli eccessi), non fa mistero di riferirsi Casa Pound: "La città - dice Alessandro Podda - va restituita alla sua storia". Il Comune non entra nel dibattito ma sa che la questione scotta: "La scritta c'è e rimane - dice l'assessore ai Lavori pubblici Gian Luca Lai - è una testimonianza".
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