Sono trascorsi trent’anni dalla scomparsa di Primo levi. Era infatti l’11 aprile 1987 quando lo scrittore perdeva la vita gettandosi dalla tromba delle scale della sua abitazione di Torino.

Nessun biglietto, nessuna lettera o messaggio di commiato accompagnarono il tragico gesto, tanto che da allora studiosi e appassionati si sono cimentati in diverse supposizioni su cosa possa aver spinto questo uomo mite, non ancora settantenne, sopravvissuto alla tragedia della Shoah, a compiere un gesto simile.

Forse la causa di tutto furono proprio gli orrori di un nazismo impossibili da superare, ma che necessariamente dovevano essere raccontati, perché la gente potesse esserne informata. Un ruolo di testimone eterno, che dopo anni lo aveva forse provato a tal punto da fargli scegliere la morte.

Numerose sono le iniziative oggi in programma in tutta Italia per ricordare la straordinaria figura di questo uomo, che trasformò con “Se questo è un uomo” le atrocità della deportazione in un indimenticato classico della letteratura italiana. E che conobbe e raccontò le bellezze della Sardegna in alcune sue opere, soprattutto dell’età giovanile.

IL MISTERO DI BACU ABIS - Lo scrittore, profondamente appassionato del sud, aveva scritto di Bacu Abis a soli 22 anni, mentre - studente di chimica che non aveva ancora sperimentato l'orrore di Auschwitz - lavorava in una miniera di amianto in Piemonte.

Era il 1941 e Levi ambientava proprio nel villaggio minerario sulcitano il settimo capitolo de "Il sistema periodico".

"La gente di qui - si legge nel racconto - ha accettato il nome del luogo solo in parte, e fra di loro, in un linguaggio che ormai è il mio, lo chiamano Bacu Abis".

Molti studiosi si sono chiesti perché Rodmund, l'eroe protagonista del racconto, fosse finito proprio in Sardegna visto che Levi non era mai stato sull'Isola.

Forse lo scrittore era rimasto affascinato dalle miniere di carbone comparse su tutti i giornali alla fine degli anni Trenta quando, dopo una grave crisi, il governo aveva avviato un'opera di rivitalizzazione con la creazione del Bacino carbonifero del Sulcis.

Il mistero sulla scelta di Bacu Abis si infittisce negli anni Settanta quando il sopravvissuto alla Shoah si concede la prima vacanza sarda. Un viaggio di cui non si sa nulla, perché i familiari, anche a posteriori non resero note le tappe di quel tour. Ma in molti ne hanno visto una testimonianza sulle pagine de "Il sistema periodico", pubblicato nel 1975.

"Quella è una terra di roccia e di vento che mi piacque subito - dice Rodmund -, l'aria era piena di odori di erbe, amari e selvaggi, e la gente sembrava forte e semplice. (...) Ho visto che era giusta anche la faccenda delle fortezze di pietra: non sono proprio grosse come montagne, ma solide, di forma regolare, di conci commessi con precisione: e quello che è curioso, è che tutti dicono che ci sono sempre state, e nessuno sa da chi, come, perché e quando sono state costruite. (...) Il paese dei metalli è da ubriacarsi: è vicino al mare, una fila di colline che in alto diventano dirupi, e si vedono vicino e lontano, fino all'orizzonte, i pennacchi di fumo delle fonderie".

Levi probabilmente aveva rimaneggiato quel capitolo, lasciando una traccia di quel viaggio. Forse era stato proprio nel Sulcis, per scoprire la bellezza di quelle miniere che era riuscito a raccontare senza mai vederle.

Un mistero destinato a restare irrisolto.
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