Anche il senatore Marcello Dell'Utri e il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini erano della partita-eolico, non solo in veste di amici e sponsor di Flavio Carboni, ma in qualità di suoi soci. A ipotizzarlo, nell'ordinanza che ha confermato la custodia cautelare in carcere per il faccendiere sardo, è il tribunale del Riesame di Roma. Che anticipa, in maniera persino irrituale, quella che potrebbe essere la nuova frontiera di un'inchiesta che da ormai sette mesi squassa la politica nazionale e regionale.

I TESTIMONI L'ipotesi, riferita ai pm Capaldo e Sabelli dagli imprenditori forlivesi Ragni, Cosmi e Alberani («Carboni ci disse che Verdini e Dell'Utri dovevano essere soci in iniziative legate all'eolico in Sardegna») è stata smentita dallo stesso coordinatore del Pdl nel corso del suo interrogatorio del luglio scorso: «L'uomo “verde” del quale Flavio parla al suo collaboratore Piana nel corso di una conversazione telefonica dell'agosto 2009, al quale era stata promessa una sua partecipazione nell'affare legato alle energie rinnovabili, non ero io. Al massimo poteva essere Gino Mariotti, che aveva difficoltà economiche e per il quale avevo chiesto aiuto a Carboni». E quando i pm gli contestano che anche il governatore Cappellacci ha lasciato intendere di un suo coinvolgimento nel piano-eolico, Verdini ne prende atto ma replica: «A Ugo mi sono limitato a chiedere di stare a sentire cosa voleva Carboni. Con Flavio ho mantenuto i rapporti soprattutto per via del legame che lo univa a Dell'Utri e allo stesso Cappellacci».

L'INDAGATO VERDINI Contro Verdini, mostrando di non credere alla sua ricostruzione, il giudice Muntoni (che ha motivato l'ordinanza firmata in accordo con gli altri componenti del collegio, Franca Amadori e Fabio Mostarda) rileva anche altri indizi: «Colpisce la tortuosità con la quale Carboni ha finanziato la Società Toscana di Edizioni, anche in considerazione delle dichiarazioni rilasciate dal forlivese Ragni e dagli altri finanziatori per la partita eolico - scrive il magistrato - i versamenti sono stati giustificati con la volontà di acquistare per due milioni di euro parte di un terreno per il quale Antonella Pau (compagna di Carboni) possedeva solo un contratto di compravendita a un prezzo inferiore di quello che Ragni doveva acquistare. Operazione conclusa con la promozione dello stesso imprenditore di Forlì a un ruolo di primo piano del Pdl romagnolo».

IL CASO EOLICO Nell'ordinanza sono anche richiamati i capisaldi della tranche sarda dell'inchiesta romana su P3 ed eolico, noti da mesi: le pressioni di Carboni a Verdini (e di quest'ultimo su Cappellacci) per la nomina di Ignazio Farris alla direzione dell'Arpas, il tentativo di far cambiare alla Giunta regionale la normativa in materia di autorizzazione unica sul rilascio delle concessioni per l'eolico, il ruolo dell'ingegner Franco Piga (che sarebbe stato l'uomo delegato dal governatore a tenere i rapporti con Carboni) e dell'ex assessore regionale all'Urbanistica Gabriele Asunis, i movimenti di Pinello Cossu e Marcello Garau (uomini di fiducia dell'uomo d'affari di Torralba, in carcere dai primi di luglio), i vertici nella casa romana di Verdini.

LA REGIONE C'è anche un passaggio nel quale il giudice Muntoni cita i comportamenti di Cappellacci, stigmatizzandoli e definendoli illeciti: «La documentazione acquisita dal pm presso la Regione evidenzia che la nomina di Farris all'Arpas è avvenuta sulla base della mera verifica della sussistenza del titolo formale richiesto dalla legge regionale, quindi senza alcuna valutazione comparativa condotta sulla base dei titoli posseduti dai numerosi aspiranti. L'elenco formato dalla commissione tecnica di valutazione è consistito non già in una graduatoria formata sulla base di punteggi attribuiti secondo criteri predeterminati ma in un mero elenco di candidati idonei. Va rilevato, ai fini della valutazione della legittimità di questa procedura, che la legge 6 del 2006 stabilisce che la nomina del direttore dell'Arpas debba avvenire con procedura a evidenza pubblica - scrive il magistrato nell'ordinanza - come osservato nella ricostruzione della vicenda, la nomina di Farris risulta essere stata disposta dalla Giunta regionale in violazione dell'articolo 323 del codice penale, in ragione delle pressioni esercitate da Carboni e dai suoi sostenitori e sodali».

LE ACCUSE Il Riesame ha posto anche altri punti fermi, che a suo avviso risultano ampiamente provati nei confronti dei tre indagati principali: l'esistenza di un sodalizio segreto che interferiva sull'esercizio di funzioni costituzionali, il fine di personale arricchimento e rafforzamento del potere, la permanenza di un vincolo associativo tra i sodali di particolare fisionomia, struttura e fine criminoso. Un quadro particolarmente dettagliato, che ora dovrà affrontare un nuovo passaggio davanti alla Corte di Cassazione. Anche perché pare certo che i difensori di Carboni e Lombardi, come da loro già preannunciato, non si arrenderanno.
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