Il rendez-vous è meno ingessato del previsto: i bambini si rincorrono rumorosamente nel cortile interno, su un tavolo fumano due vassoi carichi di malloreddus alla salsiccia, nessun calice di cristallo ma bicchieri in plastica trasparente. Unico segno immediato di nobiltà, un setter inglese - di cui nessuno ricorda il nome - che galoppa sotto i ficus secolari del giardino.

Ore 14: a Villa D'Orri, piccola reggia sul mare di Sarroch, c'è riunione di famiglia. Anzi, di sei famiglie: «Aymerich di Laconi, Manca di Villahermosa, Flores D'Arcais, Asquer di Flumini, Lostia di Santa Sofia e Sanjust di Teulada», elenca Silvia Aymerich, organizzatrice della «convention» che riunisce buona parte dei rami nobiliari sardi. «Sabato, a Laconi, eravamo in 170», racconta mentre i parenti mangiano in ordine sparso nel giardino della villa.

A TAVOLA Menu popolare: gnocchetti alla campidanese (ottimi), porchetto arrosto, patate al forno con rosmarino, contorno di insalata condita con l'olio prodotto a Villa D'Orri. Emanuele Aymerich ha cucinato per una cinquantina di persone, tutti discendenti di Don Ignazio V Aymerich y Ripoll, Marchese di Laconi, Conte di Villamar, Visconte di Sanluri, Barone di Ploaghe, Grande di Spagna e, tra le altre cose, pure senatore del Regno d'Italia. Per rintracciarli, la sorella ha impiegato quasi cinque mesi («ho iniziato a febbraio, un lavoraccio»), fatti di telefonate, email, ricerche su Facebook e elenchi telefonici. E loro, la famiglia, sono arrivati da mezzo mondo: Olanda, Belgio, Francia, Austria, Stati Uniti, Australia e Sud America. Lella Manca di Villahermosa ad esempio, non vedeva la sorella Maria Luisa da quindici anni. «Non tornavo in Sardegna da quasi trenta», spiega seduta all'ombra di uno dei giganteschi alberi che riempiono la corte interna della residenza di famiglia.

I COGNOMI Dove non si trova un cognome singolo neanche a pagarlo oro: «Ma è solo un caso», dice Manfredi Mancinelli Scotti, romano, sposato con una Manca di Villahermosa. Sotto il porticato della villa si muovono occhi celesti e capelli biondi in abbondanza. Le sei famiglie nei secoli si sono incrociate a ripetizione: «Prima si sposavano anche con cugini e nipoti. Ora ovviamente non è più così ma tutti i rami della discendenza sono rimasti molto uniti», aggiunge Silvia Aymerich.

Domanda: cosa è la nobiltà, nel 2010? «È diversa dal passato. Ormai i titoli non contano più come una volta. Diciamo che è rimasto l'attaccamento alle tradizioni». E i giovani? «Ovviamente sentono di meno l'argomento. Anche se crescendo, cominciano a interessarsi di più». Il titolo, comunque, conta: Vincenzo Amat di San Filippo (l'unico a indossare la maglietta celebrativa della riunione) può vantare quello di Marchese, così come Giovanni Manca di Villahermosa.

GLI ANELLI L'unico vezzo è l'anello con lo stemma nobiliare, che quasi tutti portano al dito con un certo orgoglio. Lo porta anche il marito Grifone Negri Arnoldi, professione bibliotecario, ovviamente nobile ma appartenente a una famiglia umbra. La madre Bonita Aymerich, invece, fa mente locale sulle professioni ricorrenti nei vari rami della discendenza di Don Ignazio: «Ora ci sono molti ingegneri, professori universitari, impiegati nel settore bancario. E tra i nostri avi ci sono state persone molto importanti per la Sardegna».

Soprattutto per Cagliari: Giuseppe Aymerich è stato rettore dell'università, Don Francesco Flores d'Arcais sindaco nel 1837, Vincenzino Flores d'Arcais, generale di Corpo d'Armata, Edmondo Sanjust di Teulada, senatore del Regno, mentre Eugenio Manca di Villahermosa, ammiraglio della Marina militare Italiana.

MICHELE RUFFI
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