Le perizie degli esperti hanno sancito la sua non imputabilità, ma la Procura sembra intenzionata a chiedere il giudizio immediato per la donna che, a fine giugno, tentò il suicidio gettandosi dal quinto piano dell'hotel Panorama con le figlie di quattro anni e nove mesi. Sarà dunque il Gip del Tribunale di Cagliari a decidere come si chiuderà la vicenda. Ma quella che sulla carta potrebbe sembrare una contraddizione della Procura - cioè processare chi è stato dichiarato capace di intendere ma non di volere al momento del fatto - ha invece delle precise ragioni processuali: sollecitare al giudice, in caso di pericolosità sociale della donna, misure cautelari o di prevenzione che in caso di archiviazione non sarebbero possibili.

I consulenti del pubblico ministero Alessandro Pili, infatti, hanno sancito che al momento del tentato suicidio la donna era capace di intendere e quindi di organizzare e pianificare il suo gesto assieme all'omicidio dei due bambini, ma non avesse comunque il dominio della propria volontà. Un quadro clinico che, in un caso meno grave, avrebbe probabilmente spinto il magistrato inquirente a sollecitare l'archiviazione. Ma ciò che il giudice dovrà decidere non è tanto la responsabilità penale della donna, quanto la sua pericolosità sociale: nel caso venisse accertata, per tutelare i figli la Procura potrebbe sollecitare al giudice l'emissione di misure prudenziali. Se il Gip dovesse accogliere la richiesta, la 35enne, difesa dall'avvocato Guido Manca Bitti, potrebbe optare per il rito abbreviato, ribadendo in aula la sua condizione di non imputabilità. Dopo aver prenotato una camera all'ultimo piano dell'hotel Panorama, in viale Diaz, la donna si era buttata dalla finestra del quinto piano con in braccio le bambine, dopo aver accostato una poltroncina al davanzale. La caduta era stata di una ventina di metri, ma l'impatto era stato attutito da una palma e da una tettoia in plexiglas salvando mamma e piccole.
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