Il grande giorno è arrivato: 69 anni dopo la liberazione, Modesto Melis, classe 1920, nato a Gairo ma da anni residente a Carbonia, farà vedere, domani, a suo figlio Bruno il lager di Mauthausen. Chi ha letto "Se questo è un uomo" di Primo Levi può farsi un'idea di quello che può aver patito un prigioniero dei nazisti: fame, umiliazioni, malattie. E la paura, costante, di essere tra quelli che, da un giorno all'altro, sparivano nel nulla. Il lager di Melis si chiamava Gusen ed era a circa quattro chilometri dal corpo centrale di Mauthausen. "Il ricordo dell'ultimo giorno al campo è dolce come un biscotto", anzi come i biscotti che gli uomini delle jeep, gli americani, porsero a Modesto e ai suoi compagni di sventura che a stento, magri, ricoperti solo dai loro pigiami, camminavano ma credevano che fosse davvero finita. Era il 5 maggio 1945: Melis era entrato lì nell'agosto 1944. Internato come prigioniero politico, identificato con il triangolo rosso e marchiato con il numero di matricola 82.241. Una storia che è diventata anche un libro, "L'animo degli offesi", editore Giampaolo Cirronis. Domani si aggiunge un nuovo capitolo, quello del ritorno: non da prigioniero ma da sopravvissuto, e da vincitore.
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