Non ha rinvenuto responsabilità da parte del personale di Ikea, quindi il gip di Roma ha deciso di archiviare l'inchiesta sulla morte di Francesco, il bimbo di 3 anni soffocato da un hot-dog mentre era con la mamma al ristorante del centro commerciale a nord di Roma. La famiglia però non ci sta e chiede giustizia: "Non possono chiudere un'inchiesta - ha detto mamma Alessia - senza neanche aver sentito le persone che hanno avuto un ruolo chiave in questa vicenda".

Il piccolo nel marzo scorso stava mangiando al ristorante Ikea della galleria commerciale Porta di Roma: un pezzo di wurstel gli va di traverso, Francesco non riesce a respirare. La mamma tenta di liberargli le vie respiratorie, ma non ci riesce e chiede aiuto alle persone intorno. I soccorsi arrivano solo dopo, a causa della difficoltà a raggiungere il bistrot - tra corridoi e scale mobili -, e secondo le accuse della famiglia era assente il personale medico di Ikea. Il bimbo viene portato al policlinico Gemelli, dove muore cinque giorni dopo, il 17 marzo. I genitori presentano denuncia per omissione di soccorso, i legali chiedono di ascoltare 8 testimoni, ma ne viene sentito uno solo, mentre "quelli di Ikea, quattro, sono stati sentiti tutti", specifica Alessia. "Perché hanno visionato le immagini solo di una telecamera, quando nel ristorante ce ne sono altre? - si chiedono - Abbiamo anche portato in procura tutti i documenti che attestano che i corsi per la sicurezza ad Ikea non venivano fatti da quattro anni, quando è successa la tragedia. Si sono ricordati solo dopo di farli. Il giudice scrive che il nostro testimone avrebbe confermato l'intervento del personale Ikea, quando a noi ha sempre detto il contrario". Insomma, papà Lorenzo e mamma Alessia alla "fatalità" proprio non vogliono arrendersi.
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