Le iniziative si sprecano, le celebrazioni pure. Ma la violenza sulle donne continua a imperversare nelle nostre città, anche in quelle cosiddette avanzate e civili. La violenza degli uomini contro le donne, di cui oggi ricorre la Giornata mondiale, non sempre è retaggio di miseria e incultura. Spesso i carnefici sono al di sopra di ogni sospetto, sono fidanzati, ex partner, mariti, amici e spasimanti socialmente realizzati, capaci però di trasformarsi in belve feroci. Non accettano di essere stati lasciati o non sopportano che la propria moglie sia d’intralcio a una nuova storia sentimentale, e si sbarazzano di lei come di un vecchio oggetto. E’ a questi che non ci si deve sottomettere né arrendere finché si è in tempo. Ma per fare questo occorre non trascurare il minimo gesto: anche il più banale cenno di una mano alzata sulla faccia di una donna deve suonare come un campanello d’allarme. Perché da gesti apparentemente insignificanti prolifera il germe della violenza. Troppe donne hanno sottovalutato uno schiaffo, soprasseduto a una spinta, giustificato un momento d’ira e una minaccia. Troppe hanno creduto che quel compagno possessivo le amasse molto, che quel marito geloso anche di un’amica fosse perdutamente innamorato. E poi sono morte. In molti casi dopo aver denunciato. Ma questo non deve inibire dal continuare a farlo, seppur le risposte da parte delle istituzioni siano a volte tardive o incomplete. Le sopravvissute, magari sfregiate o menomate non solo nel fisico, incitano a denunciare, a urlare la propria richiesta d'aiuto anche se i fatti sono all'esordio.

Pertanto le celebrazioni e le iniziative di piazza servono sì a ricordare, informare e insegnare a tenere alta la guardia, ma spesso si trascura l’aspetto culturale del fenomeno, la mentalità maschilista e, ancor prima, la generale mancanza di valori, la non percezione del significato della vita e dell’essere in vita. Così che questa la si può distruggere con un colpo di pistola, una coltellata o una serie infinita di molestie fino a renderla invivibile. E’ di sicuro anche un fatto educativo, che andrebbe coltivato fin dai banchi di scuola e con l’esempio nelle famiglie. Insegnare ai bambini, indistintamente maschi e femmine, il rispetto di se stessi e dei propri genitori, fratelli e compagni di scuola e di gioco, farà di loro uomini e donne consapevoli di quanto rispetto meriti la vita. E le persone. Forse così si potrebbero prevenire gli omicidi, soprattutto quelli di genere.

a.p.
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