In particolare, il 23% ha paura degli effetti collaterali immediati, come febbre o reazioni allergiche e il 18% delle conseguenze successive, come l'autismo o malattie autoimmuni, nonostante per il mondo scientifico e l'Organizzazione Mondiale della Sanità non esista alcuna connessione. Il risultato è che solo uno su due fa vaccinare il figlio per lo pneumococco, uno su tre per il meningococco, il 18% sceglie l'anti-varicella, il 10% l'antinfluenzale o l'anti-HPV. E' quanto emerge da un'indagine dell'Osservatorio Paidòss, condotta su 350 fra pediatri e genitori e presentata durante il primo Forum Internazionale dell'infanzia, dell'adolescenza e della famiglia, in corso a Napoli. La ricerca svela che le famiglie temono le malattie, ma solo una su due sa che esiste un vaccino per l'epatite A, una su cinque che esiste quello per il meningococco C. Nel 90% dei casi si informano sul web ma il 30% non sanno che esistono siti istituzionali dedicati. "Tra i primi risultati nei motori di ricerca dominano leggende antivaccino. Il 'dottor internet' è il peggior nemico", spiega Giuseppe Mele, presidente Paidòss. A pesare, sottolinea, è anche la mancanza di scelte politiche. "I vaccini devono entrare nei Livelli Essenziali di Assistenza, con un finanziamento apposito, perché non sempre sono rimborsati, con la conseguenza che la situazione vaccinale è diversa da regione a regione. Tanto che in Campania la trivalente ha una copertura del 60%, a fronte del 90% della Lombardia". Ma cosa ne pensano i pediatri di famiglia, primo punto di riferimento per i genitori? Nove su 10 li raccomandano ma pochi riescono a eseguire le vaccinazioni sui propri assistiti, rimandandoli alle Asl di competenza: il 27%, infatti, ammette di avere ambulatori troppo affollati. Non tutti, infine, hanno una preparazione specifica. "Dobbiamo formare i pediatri, perché a volte - conclude Mele - i genitori sono disorientati da risposte imprecise".
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