"Escludo interventi militari che non risolvono nulla. E questo dovrebbero capirlo anche altri".

Con queste parole il vicepremier Matteo Salvini, ha parlato della situazione in Libia, precipitata nel caos nelle ultime ore.

"L'Italia deve essere la protagonista della pacificazione in Libia. Le incursioni di altri che hanno altri interessi non devono prevalere sul bene comune che è la pace", ha aggiunto il ministro dell'Interno.

Circa 400 detenuti sono fuggiti da un carcere nei pressi di Tripoli, approfittando degli scontri tra milizie che stanno mettendo a fetto e fuoco la capitale. Sono riusciti a forzare l'apertura delle porte e a scappar via dal carcere di Ain zara, ha riferito la polizia locale: molti di loro sono sostenitori dell'ex leader Muhammar Gheddafi, condannati per le violenze durante la rivolta del 2011.

I violenti scontri hanno costretto ieri il governo di Fayez al-Sarraj - il capo dell'esecutivo riconosciuto dall'Onu - a proclamare lo stato di emergenza.

Tripoli è al centro di una lotta di potere durissima almeno dal 2011, anno della caduta di Gheddafi.

Venerdì scorso almeno 15 razzi sono piovuti sulla città, compreso l'aeroporto di Mitiga, l'unico funzionante. E negli ultimi otto giorni negli scontri tra milizie rivali scoppiati a sud di Tripoli almeno 47 persone sono state uccise e oltre 100 sono rimaste ferite.

Soldati italiani e libici alla base navale di Tripoli
Soldati italiani e libici alla base navale di Tripoli
Soldati italiani e libici alla base navale di Tripoli

La Settima brigata di Tarhuna, che formalmente risponde al ministero della Difesa del governo al Sarraj ma si sta scontrando con i gruppi ad esso fedeli, ha respinto la tregua invocata dall'Onu e promesso che "combatterà" fino a quando non avrà "ripulito" la città dalle milizie avversarie.

Il governo tenta di fermare l'avanzata dei ribelli, che si fa sempre più minacciosa.

Preoccupazione in tutto il mondo. L'Onu - che ha condannato un vertice d'emergenza per martedì - condanna gli scontri e soprattutto i "bombardamenti indiscriminati che portano alla morte o al ferimento di civili, bambini compresi". Gran Bretagna, Francia, Usa e Italia in una dichiarazione congiunta avvertono, "un'escalation minerebbe il processo politico". Fonti del ministero della Difesa rassicurano sulle truppe italiane, che non sarebbero in pericolo.

E preoccupazione esprime anche la Ong Medici Senza Frontiere: "Per i cittadini libici e per i rifugiati e migranti intrappolati, le cui sofferenze sono state aggravate dalle politiche della Ue".

(Unioneonline/L)

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