Si chiama ragno violino e la tossina trasmessa dal suo morso può causare necrosi gravi, come accaduto questa estate a due uomini di Terni e Livorno che hanno seriamente rischiato la vita.

A Cagliari sino ad oggi fortunatamente non sono stati segnalati ricoveri - che sarebbero invece decine nel resto d'Italia - ma questo pericoloso aracnide è sempre più diffuso, anche nell'Isola.

"Ne stiamo trovando ovunque - conferma Gianluca Scano, titolare della Green System, società specializzata in disinfestazioni -: nelle scuole, nelle caserme, nelle cucine dei ristoranti e naturalmente nelle case. Solo negli ultimi due mesi ne abbiamo catturato una trentina. Sarà il caldo, che pare ne agevoli la proliferazione, ma non ricordo in passato una presenza così massiccia di questo ragno così pericoloso".

COME RICONOSCERLI - Ma come riconoscere il temuto ragno "violino"?

"Ha corpo piccolo tra i 7 e i 10 millimetri e zampe lunghe, il colore varia dal giallo paglierino al marrone - spiega Francesco Fois, entomologo e collaboratore della Green System e dell'Istituto zooprofilattico -. La particolarità è che ha una macchia sul dorso che assomiglia a un violino e sei occhi invece che otto come la maggior parte dei ragni".

Un suo morso può portare prurito e arrossamenti ma anche allergie e bruciori. Non solo, se intervengono batteri anaerobi si possono anche creare danni muscolari e ai reni. "Il suo veleno è citotossico-necrotizzante - spiega Fois - e di solito ha un'azione locale ben definita. Ma possono esserci anche effetti generali sino ad arrivare alla sindrome sistemica - chiamata loxoscelismo - che può essere più o meno grave a seconda delle condizioni di salute della persona colpita, della sua età e della parte interessata alla puntura. Sino ad arrivare a esiti letali, fortunatamente molto rari".

LE CURE - Quando si viene morsi, in caso di sintomi importanti, è dunque bene rivolgersi a un medico. Per le cure vengono solitamente utilizzati cortisonici e antistaminici associati a terapia antibiotica. "È inoltre importante conservare l'animale anche morto - prosegue Fois - o al limite scattargli una foto per avere la certezza della specie di artropode da cui si è stati punti".

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