Giuseppe Di Matteo aveva solo 12 anni quando fu rapito nel 1993 a Piana degli Albanesi (Palermo), sequestrato e infine sciolto nell'acido dai boss di Cosa Nostra, dopo 779 giorni di prigionia.

Una ritorsione nei confronti del padre Santino, che era diventato collaboratore di giustizia e con le sue parole aveva inchiodato tra gli altri Giuseppe Brusca, boss di San Giuseppe Jato.

Oggi il giudice della terza sezione del tribunale civile di Palermo ha stabilito per la famiglia di Giuseppe un risarcimento di due milioni e 200mila euro.

Sottratti i 400mila euro già concessi in sede penale a titolo di provvisionale, la somma è stata riconosciuta alla madre del ragazzino, Francesca Castellese, e al fratello Nicola.

In linea teorica dovranno pagare i cinque mafiosi e un collaboratore di giustizia già condannati in via definitiva per il rapimento e l'omicidio del 12enne: si tratta del boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, di Benedetto Capizzi, Cristoforo Cannella, Francesco Giuliano e Luigi Giacalone, nonché del pentito Gaspare Spatuzza.

I loro patrimoni sono stati sequestrati e sarà dunque lo speciale fondo dello Stato per le vittime di mafia a versare il denaro.

"Ciò che è stata lesa - le parole del giudice Paolo Criscuoli - è la dignità della persona, il diritto del minore ad un ambiente sano, ad una famiglia, ad uno sviluppo armonioso, in linea con le inclinazioni personali, ad un'istruzione. Beni ed interessi di primario rilievo costituzionale che, pertanto, trovano diretta tutela, anche risarcitoria".

(Unioneonline/D)

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