Si configura come un processo lampo quello a Monsignor Carlo Alberto Capella, ex funzionario della nunziatura di Washington arrestato lo scorso 7 aprile.

Nella prima udienza in Vaticano il monsignore ha confermato le ammissioni fatte in fase istruttoria di essere colpevole delle accuse di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico.

Un'accusa che gli costerebbe tre anni di carcere, o il doppio in caso di aggiunta dell'aggravante dell'ingente quantità, che la difesa sta cercando di scongiurare.

Nel materiale acquisito da Usa e Vaticano ci sono tra i 40 e i 55 elementi che riguardano minorenni tra foto, video e fumetti manga: tra questi c'è anche un video che riprende un bimbo molto piccolo in atteggiamenti sessuali espliciti.

Capella ha anche raccontato del "conflitto interiore" che lo ha attraversato: "Provavo un senso di vuoto e inutilità, radicati nella mia vita interiore al punto da essere stati all'origine degli atti compulsivi di consultazione impropria di Internet, fino ad arrivare a fare cose che mai erano state oggetto del mio interesse", ha detto in aula.

E ancora: "Ho sbagliato a sottovalutare la crisi che stavo attraversando. Ho sbagliato a pensare di poterla gestire da solo. Il contesto era nuovo. Amici o referenti non ne avevo. Ho cercato di far fronte con rimedi spirituali e di non far pesare il mio stato d'animo in nunziatura".

Il monsignore agiva attraverso un profilo Tumblr aperto ad aprile 2016 "per i più vari interessi", prima di essere trasferito negli Stati Uniti, a giugno dello stesso anno. "L'ho aperto perché mi piacevano gli animali e alcune loro buffe espressioni".

Il conflitto interiore di cui racconta è iniziato invece a luglio e ha dato seguito alla ricerca di immagini "inappropriate di natura pedopornografica".

Le conversazioni private che intraprendeva con gli utenti con cui avveniva lo scambio del materiale erano "assolutamente triviali". "I dialoghi - ha affermato in aula Capella - nascono e muoiono nel giro di poche volgari battute. A distanza di tempo ne rilevo la ripugnanza. Ma saper dare un nome alle crisi interiori nel momento stesso in cui una persona le vive non è facile".

(Unioneonline/L)

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