"Dove sono finiti i 48 milioni di euro sequestrati alla Lega dal tribunale di Genova? E ancora: il partito di Salvini ha investito illegalmente milioni di euro in violazione delle leggi che regolano la materia?".

Recita così l'interrogazione urgente presentata da dieci senatori Pd, dopo l'inchiesta del settimanale L'Espresso, che ha cercato di ricostruire tutti i movimenti con cui il Carroccio avrebbe occultato ai giudici il suo tesoretto.

L'ANTEFATTO - Lo scorso luglio è arrivata la condanna per Umberto Bossi e per l'ex tesoriere della Lega Francesco Belsito, e contestualmente il tribunale ha disposto la confisca di 48 milioni al partito.

Verdetto mai rispettato, perché gli inquirenti di milioni ne hanno trovati appena due, sequestrati dai conti di Bossi, Belsito e di tre revisori contabili. E lo scorso 3 gennaio Matteo Salvini, in conferenza stampa, ha precisato che sul conto corrente del partito ci sono appena 15mila euro.

Che fine hanno fatto, dunque, gli altri 46 milioni di soldi pubblici? "Spesi, spariti, usati", secondo Salvini e i bilanci ufficiali del Carroccio.

Per capire le sorti di questo tesoro L'Espresso ha spulciato diversi conti bancari in un'inchiesta che imbarazza non poco lo stato maggiore leghista, e in particolare le gestioni successive a quella di Umberto Bossi. Quella di Roberto Maroni e quella di Matteo Salvini.

L'ex tesoriere Francesco Belsito
L'ex tesoriere Francesco Belsito
L'ex tesoriere Francesco Belsito

I NUOVI CONTI DELLA LEGA DI MARONI - Il 16 maggio 2012 viene fuori la notizia delle indagini per truffa. Ed ecco la ricostruzione del settimanale: poco dopo l'inizio della bufera, il Carroccio apre un conto alla filiale Unicredit di Vicenza e in sei mesi vi trasferisce 24,4 milioni, buona parte della liquidità del partito che era custodita in altre banche. Da lì prende il via una lunga serie di bonifici e giroconti che, in 4 anni, prosciugano le risorse finanziarie della Lega. Una decina di milioni sparisce subito, tra prelievi, pagamenti non specificati, investimenti finanziari, trasferimenti sui conti delle sezioni locali del partito e bonifici a società controllare dal Carroccio, come Pontida Fin, Media Padania e Editoriale Nord. A gennaio 2013 entra in gioco un'altra banca; la Lega apre un nuovo conto alla Sparkasse, istituto di Bolzano il cui presidente è un ex socio d'affari di Domenico Aiello, ai tempi avvocato del Carroccio. Lì trasferisce buona parte dei soldi versati in precedenza sul conto Unicredit. Soldi che si volatilizzano nel giro di sei mesi, con i soliti trasferimenti alle sezioni locali e alle società controllate, e che in parte vanno anche a finanziare la campagna elettorale che porterà Maroni alla guida della Regione Lombardia.

Il tribunale di Genova ha disposto la confisca di 48 milioni al Carroccio
Il tribunale di Genova ha disposto la confisca di 48 milioni al Carroccio
Il tribunale di Genova ha disposto la confisca di 48 milioni al Carroccio

LA GESTIONE SALVINI - Nel dicembre del 2013 Matteo Salvini diventa leader della Lega e - sempre stando a quanto ricostruito dall'inchiesta di Giovanni Tizian e Stefano Vergine - il patrimonio del Carroccio crolla nel giro di cinque mesi da 14,2 a 6,6 milioni, per poi essere prosciugato definitivamente fino ad arrivare, parola di Salvini, a "quindicimila euro".

Lo stesso metodo della gestione Maroni. Oltre ai trasferimenti a sezioni locali e società controllate, il Carroccio avrebbe anche fatto degli investimenti che il settimanale definisce senza mezzi termini "illegali". C'è infatti una legge del 2012 che vieta ai partiti di investire in strumenti finanziari diversi dai titoli di Stato dei Paesi Ue. E la Lega avrebbe acquistato diverse obbligazioni di banche e multinazionali (General Electric, Mediobanca, Intesa).

Il "sovranista antibanche" Salvini, insomma, avrebbe investito i fondi dei rimborsi elettorali destinati al partito in banche e multinazionali.

Matteo Salvini preferisce non rispondere
Matteo Salvini preferisce non rispondere
Matteo Salvini preferisce non rispondere

LA ONLUS "PIÙ VOCI" - Nel 2015 è inoltre nata una onlus, "Più Voci", che, stando a quanto ricostruisce l'Espresso, ha raccolto i finanziamenti delle imprese per il Carroccio. Una fondazione simile alla più nota "Big Bang" di Renzi, ma senza un sito internet e una lista dei finanziatori. Tra fine 2015 e inizio 2016 Più Voci avrebbe ricevuto due bonifici del valore totale di 250mila euro con la causale classica dei contributi erogati ai partiti: "Erogazione liberale". Sarebbero di un noto immobiliarista romano, Luca Parnasi, quello che sta per costruire lo stadio della Roma. Perché quei contributi sono stati versati alla onlus e non direttamente al partito? La onlus è stata creata ad hoc per evitare il sequestro dei soldi da parte della magistratura? È quello che si chiedono, e che chiedono a Salvini, gli autori dell'inchiesta.

Il leader leghista, preso com'è dalle consultazioni e dalle trattative per la formazione del nuovo governo, non ha risposto. E gli stessi pentastellati, sempre solerti a urlare e alzare polveroni anche per presunti scandali di minore portata, non hanno aperto bocca. Per quale motivo? Forse perché la svolta moderata di Luigi Di Maio è in corso e aprire frizioni con quello che potrebbe essere a breve l'alleato di governo oggi non conviene.

Il bacio Salvini-Di Maio
Il bacio Salvini-Di Maio
Il bacio Salvini-Di Maio

Davide Lombardi

(Unioneonline)
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