Aveva scelto il Regno Unito come fanno tanti giovani francesi Sophie Lionnet, che nel gennaio 2016, compiuti 20 anni, si è trasferita a Londra, zona Wimbledon, per perfezionare il suo inglese e guadagnare un po' di soldi per finanziare i suoi studi.

Timida e gentile, amava i bambini e ha accettato di occuparsi dei figli di Ouissem Medouni e Sabrina Kouider, di sei e nove anni, nonostante le condizioni economiche non proprio vantaggiose: vitto e alloggio più 56 euro al mese per seguire i bambini, fare le pulizie e cucinare. Era convinta di aver trovato in questa famiglia, consigliatale da una sua amica di università, il luogo ideale per crescere, professionalmente e non solo. Non poteva immaginare quel che le sarebbe successo. Un lungo calvario fatto di torture fisiche e psicologiche, minacce, maltrattamenti. Fino alla morte.

Una storia così agghiacciante che nel corso della prima udienza in tribunale contro gli aguzzini della giovane tata, la lettura dell'atto d'accusa è stata interrotta tanto era insostenibile per il pubblico presente in aula.

IL CADAVERE - Mercoledì 20 settembre 2017 verso le 18.30 i pompieri intervengono a Wimbledon su segnalazione dei residenti che hanno visto una colonna di fumo provenire da un'abitazione vicina, con tanto di odori nauseabondi. I vigili del fuoco trovano Ouissem Medouni - 40 anni - che sta cercando di bruciare qualcosa: l'uomo parla di un barbecue, ma i pompieri notano qualcosa di strano - ossa umane - e chiamano la polizia. Medouni sta cercando di bruciare il corpo di Sophie Lionnet. Lui e la compagna Sabrina, anni 34, vengono fermati. E oggi a Londra si è aperto il processo a carico della coppia, dal quale sono emersi dettagli inquietanti.

LE PRIME ACCUSE - L'idillio di Sophie si rompe quando Sabrina inizia ad accusare la sua "tata francese" di averle rubato un ciondolo, poi un orecchino di diamanti. Ma è solo l'inizio, la 21enne viene anche accusata di essere complice dell'ex compagno della Kouider, ex cantante del gruppo irlandese Boyzone da cui la donna è ancora ossessionata, oltre che di aver commesso violenze e abusi sessuali nei confronti dei bambini. Sophie inizia ad avere paura: "C'è molta tensione e mi accusano di cose che non avrei mai osato fare, ho paura", scrive in un sms al padre. "Non ho motivo di essere definita una p...a, tr..a, e così via", scrive al suo capo. Ha paura ma non lascia: è ingenua, vuole compiacere i suoi capi, ha pochi soldi ed è rimasta anche senza carta d'identità (mai ritrovata), il sospetto è che le sia stata requisita dalla diabolica coppia. Tutte accuse, quelle mosse dalla "diabolica" Sabrina a Sophie, definite dai pubblici ministeri "totalmente false", ma che sono "il motivo per cui gli imputati l'hanno uccisa".

PRIGIONIERA - Inizia a sentirsi prigioniera Sophie: ai suoi genitori, famiglia umile e senza i mezzi finanziari per aiutarla, promette che tornerà subito. Ma i suoi capi non la lasceranno mai andare prima che confessi. Quell'abitazione in Pulborough Road diventa la sua cella: in tribunale sono state visionate registrazioni di oltre otto ore, si tratta degli "interrogatori" dei due aguzzini a Sophie. Sotto minaccia di efferate violenze, carcere e stupro, e vittima di una sorta di sindrome di Stoccolma, una Sohpie "emaciata, terrorizzata e impotente, ansiosa di dire qualsiasi cosa i suoi aguzzini volevano che dicesse", risponde sempre di sì, spesso senza neanche capire di cosa la accusassero.

TORTURATA E UCCISA - Non è stata uccisa con un colpo di pistola a bruciapelo o a coltellate, Sophie. È stata picchiata per mesi, torturata. Le analisi hanno rivelato "uno sterno e una mascella fratturati, quattro costole rotte, lividi sul braccio sinistro, alla schiena e al torace". È morta per il dolore e per gli stenti, i suoi aguzzini non la facevano neanche più mangiare. Poi è stata sotterrata, infine l'incauto tentativo di darle fuoco in giardino, che ha incastrato la diabolica coppia.

Nel primo giorno del processo il presidente del tribunale penale di Londra ha dovuto interrompere la lettura dell'atto d'accusa, la storia era insostenibile per la giuria, il pubblico e i familiari della vittima. I due aguzzini, Sabrina Kouider e Ouissem Medouni, respingono l'accusa di omicidio.

(Unioneonline/L)
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