Milioni di russi al voto, domenica prossima, per eleggere il nuovo presidente.

E, in pole position per conquistare il Cremlino, c’è ancora lui, Vladimir Putin, che potrebbe centrare la seconda rielezione consecutiva, nonché quarta complessiva (dopo i quadrienni 2000-2004, 2004-2008 e dopo il corrente mandato, prolungato a sei anni, 2012-2018).

I sondaggi gli attribuiscono quasi il 70 per cento dei consensi, mentre esigue sono le percentuali assegnate agli altri sette sfidanti.

Due i più quotati (si fa per dire): Vladimir Zirinovskij, leader del partito liberal-demcoratico LDPR, e Pavel Grudinin, nome forte del vecchio Partito comunista (oggi KPRF), dati rispettivamente al 5/6 per cento, e al 7/8 per cento.

Una consultazione dal risultato che sembra già scritto e a cui non parteciperà uno dei principali oppositori del presidente uscente: Alexei Navalny, al centro di due diversi procedimenti giudiziari (per qualcuno cavalcati dal governo proprio per impedirgli di candidarsi).

Alexei Navalni
Alexei Navalni
Alexei Navalni

Per cercare di capire situazioni e prospettive della Russia che sta per tornare ai seggi (con lo spettro dell’astensione, visto che nel 2012 l’affluenza fu solo del 65% e, alle politiche 2016, non raggiunse il 50) abbiamo raccolto le opinioni di alcuni sardi che vivono o hanno vissuto in Russia e nei Paesi dell’Europa orientale, dove ancora oggi, a quasi 30 anni dalla caduta del Muro, l’influenza di Mosca continua a farsi sentire.

"UN PAESE DI OPPORTUNITÀ" - Il primo dato da mettere in conto è che, in molti casi, gli europei occidentali hanno dell’ex Urss una visione carica di pregiudizi.

"Si potrebbe forse pensare a città arretrate, a una popolazione cronicamente alle prese con problemi, che pure probabilmente esistono. Ma la realtà è che la società russa ha ormai molti punti di contatto con quella occidentale e diverse aree sono interessate da un fortissimo sviluppo economico", racconta Michele Campagna, professore associato all’Università di Cagliari ed esperto d’Informatica e pianificazione territoriale.

Classe 1970, già nei primi anni Duemila, quando era dottorando, ha svolto attività di ricerca a Tomsk, in Siberia, passando anche da Mosca e San Pietroburgo e tornando in Russia anche in tempi recenti.

Michele Campagna
Michele Campagna
Michele Campagna

Il suo è uno sguardo da accademico e, dal punto di vista della formazione e dell’università, Campagna non ha dubbi: "Per i giovani russi ci sono moltissime opportunità di sviluppare la propria carriera, anche ad alti livelli. Opportunità che noi, in Italia, non sempre abbiamo. L’istruzione è di qualità ed è alto il numero di laureati. Qualcuno resta, qualcuno invece sceglie di trasferirsi all’estero. Insomma, c'è molto dinamismo sociale e, al contrario di quanto si possa credere, quello russo non è un sistema chiuso, ancora vincolato a un oscuro passato come spesso si potrebbepensare".

Quel passato, il passato sovietico, è però esistito. "Mi è capitato di sentire racconti di momenti difficili su quegli anni, ma anche racconti positivi. La verità - conclude il professore - sta nel mezzo: forse non si stava così male come si pensa. E questo vale anche per la Russia di oggi".

PUTIN IL "CERCHIOBOTTISTA" - Quale sia stato il ruolo di Putin nella transizione dalla Russia post-Cortina di ferro a quella moderna prova a spiegarlo Alessandro Serra, 31enne di Serrenti, che ha vissuto a Mosca durante gli studi universitari in Scienze politiche e amministrative. Oggi fa il manager per un'azienda di supermercati. "Subito dopo la caduta del Muro - spiega - quando alla guida dell'ex Urss c'era Boris Eltsin, la Russia è stata attraversata da un'ondata di privatizzazioni. Lo Stato ha letteralmente svenduto ai rappresentanti delle elite veri e propri pezzi dell’economia nazionale. Così gli oligarchi si sono arricchiti. Putin, arrivato alla presidenza nei primi anni Duemila, ha cercato di contenere il loro potere, anche se poi si è dimostrato lui stesso un cerchiobottista, visto che con quelle stesse elite è dovuto scendere a patti. Ad ogni modo - aggiunge Serra - è indubbio che grazie a lui i russi stanno meglio rispetto agli anni Novanta. Dal nostro punto di vista è un governante che usa metodi non propriamente democratici. Ma bisogna riconoscergli che ha tirato fuori il suo Paese dalle difficoltà, rendendo le condizioni di vita in Russia migliori. Basta guardare l'età media, passata in pochi anni da 60 a 73 anni".

Alessandro Serra
Alessandro Serra
Alessandro Serra

LA CRISI IN UCRAINA - Putin è, però, anche il comandante in capo che non ha esitato ad andarsi a prendere la Crimea durante la crisi in Ucraina, nel 2014. Un'annessione costata alla Russia pesanti sanzioni economiche da parte dei Paesi occidentali. Un provvedimento che per molti dovrebbe essere annullato, viste le ripercussioni negative per molti partner commerciali europei di Mosca, a cominciare dall'Italia. "Abbiamo aderito alle sanzioni andando a ruota dei nostri alleati - sottolinea ancora Serra - ma forse avremmo dovuto essere più machiavellici, ragionando meglio sulle conseguenze. Un esempio? Non esportiamo più mozzarella a Mosca, ma non è che i russi non la mangiano più: se la fanno da soli. E questo vale per tutti gli altri ambiti. L'intento era quello di punire Putin? Ebbene, lui è uscito dalla vicenda oltremodo rafforzato, mentre il suo Paese ha dato prova di grande capacità di riscossa. Un boomerang".

Il risultato? "Quando le sanzioni verranno tolte dovremo fare il lavoro doppio. Insomma, è necessario cambiare prospettiva: per rendere più mansueta la Russia non serve chiudersi, ma paradossalmente, aprirsi ad essa".

LE SANZIONI - E sono in molti ad auspicare che le sanzioni alla Russia possano essere al più presto rimosse, per offrire nuove possibilità di business alle aziende italiane. E anche a quelle sarde.

Lo conferma Alessandro Calia, 49 anni, nato a Nuoro, ma di origini lulesi, che dal 1997 vive in Bulgaria, a Sofia, dove è, tra l’altro, vicepresidente dell’associazione culturale Sardica e che spesso e volentieri visita la Russia: "Sono stato a Mosca a fine dicembre 2017, con una delegazione della Regione della Sardegna e con i vertici regionali di Confagricoltura, e siamo stati accolti nella direzione della Camera di commercio nazionale a un centinaio di metri dal Cremlino. Proprio in quell’occasione la direttrice per le relazioni esterne, con un altro direttore di dipartimento, ci ha esposto le innumerevoli possibilità economiche per la Sardegna in Russia e in Sardegna stessa se le sanzioni fossero tolte".

Alessandro Calia
Alessandro Calia
Alessandro Calia

TRA EST E OVEST - Ma come si vive in Europa dell’Est, a metà tra Occidente e Russia? E come è visto Putin?

"Qui in Bulgaria - spiega Calia - Putin è ben visto più o meno da tutti, perché è una figura forte, nazionalista e che si dà da fare per migliorare il suo Paese, senza preoccuparsi troppo degli Stati Uniti e dell'Unione europea. Questo tipo di persone, con caratteri forti sono sempre amati nei Balcani, Paesi caratterizzati da un forte spirito nazionalistico. Anch’io personalmente credo che Putin sia un ottimo presidente per la Russia. Sarebbe bello se anche noi avessimo un presidente del Consiglio con questo carisma e vitalità. Ovviamente per gli Usa ed in parte per l'Ue lo è molto meno".

"Ciò che non mi piace di Putin - ammette Calia - è la politica estera, troppo aggressiva nei confronti dei Paesi limitrofi, vedi Ucraina, Georgia, ed in parte i Balcani".

Impegnato per il suo popolo, ma amico degli oligarchi. Nazionalista, ma aperto al dialogo e agli scambi commerciali con l'estero. Dialogante e allo stesso tempo aggressivo. Tanto amato, quanto odiato.

Il giudizio sullo zar, che si avvia al quarto mandato da presidente, è, insomma, a luci e ombre. Ed è con queste luci e queste ombre che dovranno continuare a fare i conti i governi delle nazioni europee, a cominciare dall’Italia, per i prossimi sei anni.

Luigi Barnaba Frigoli

(Unioneonline)
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