"Non dovete pagare niente per far dire la messa in suffragio di un amico o un parente. La messa non si paga, è il sacrificio di Cristo, che è gratuito. Se vuoi fare un'offerta falla, ma non si paga!".

Sembra una frase scontata, quella pronunciata da papa Francesco nel corso dell'ultima udienza generale di mercoledì in aula Paolo VI, ma così non è.

Lo dimostra il dibattito innescatosi in Rete dopo la pubblicazione della notizia (che solo sul profilo Facebook de L'Unione Sarda ha fatto registrare quasi 350mila visualizzazioni, centinaia di commenti, tremila like e cinquemila condivisioni in poche ore), con una miriade di racconti di esperienze in cui, al fedele di turno, sarebbero state applicate vere e proprie tariffe per la celebrazione di una funzione.

Per capire come stanno le cose e soprattutto qual è la prassi seguita dalle parrocchie abbiamo provato a contattare alcuni sacerdoti, in alcune città sarde e della penisola.

Ecco cosa ci hanno risposto.

I SACERDOTI RISPONDONO - "Le funzioni non si devono pagare? Niente di più normale", commenta don David Riboldi, sacerdote a Cernusco sul Naviglio, alle porte di Milano. "In tanti anni che faccio il prete non ho mai sentito di tariffari. Se vuoi, puoi lasciare un'offerta, ma nessuno ti costringe". E questa è la stessa versione del Pontefice.

"Tariffe? Quando ero giovane esistevano, ma ora non più", spiega invece don Pietro Giola, sacerdote in pensione della provincia di Varese. "Fino agli anni Cinquanta c'era una sorta di tariffario per tutto, ma è stato abolito con il Concilio Vaticano II. Chi va avanti - e qualcuno mi è capitato di conoscerlo - è pervicace e fuorilegge. E poi...".

E poi? "Se proprio vogliamo ragionare dal punto di vista utilitaristico - chiosa schietto don Pietro - pretendere il pagamento di una tariffa fissa sarebbe, diciamo così, meno vantaggioso, perché magari un fedele potrebbe donare molto più della eventuale tariffa imposta".

Niente di nuovo per don Alessandro Cossu, parroco di San Teodoro: "Sono cose dette e ridette, solo che ogni tanto rispuntano". Forse perché il problema torna a galla? "Ma no, non esistono tariffari, il vescovo se sapesse una cosa simile ne sarebbe inorridito. Noi preti non possiamo prendere denaro per le nostre tasche, diciamo così. Se riceviamo delle offerte, per esempio nel caso di funzioni, vanno alla parrocchia. La messa non è pagabile".

Ma lei cosa risponde ai parrocchiani? "Se vogliono possono lasciare un'offerta. Se vogliono, è importante, e se possono. Nessun obbligo, nessuna tariffa, nessuna imposizione".

Oltretutto, aggiuge, il don, chi chiede o dà soldi per le funzioni "commette grave peccato".

I LETTORI - Di diverso avviso, invece, parecchi lettori.

"In alcune chiese espongono addirittura il tariffario per battesimi, matrimoni, funerali", ci scrive un lettore.

Qualcuno snocciola i "prezzi": 11 euro, 20 euro, 35, fino a 3-400 euro per un matrimonio.

Qualcun altro punta l'indice su una parrocchia precisa.

A CAGLIARI - Per saperne di più abbiamo provato a telefonare, chiedendo informazioni a una parrocchia molto conosciuta e frequentata di una zona della città, che un lettore ci ha segnalato come luogo in cui "esiste eccome un listino prezzi di certe funzioni".

Risponde una donna, chiediamo di parlare col sacerdote ma dice che "a quest'ora non c'è. Io sono un'impiegata". Lei sa di un tariffario per le funzioni religiose? "Per queste cose deve parlare con le suore che hanno anche l'agenda. Loro sanno tutto". Lei sa dirci se esiste un tariffario per le messe di trigesimo o anniversario di un defunto? "So che si dà un'offerta, questo sì", risponde la solerte impiegata. Non una tariffa precisa?, chiediamo. "Non credo. Guardi se richiama più tardi e parla con la suora le saprà dire tutto".

Donazioni e non prezziari, dunque. E, spesso, ciò che i fedeli scambiano per tariffe potrebbero essere solo gli importi "minimi" consigliati per le offerte. Cifre fissate ("in alcuni casi dalle Curie", spiega don Giola) per dare alle donazioni una certa "dignità".

IL DIRITTO CANONICO - Sia come sia, il diritto canonico parla chiaro. Come ricordato dal Papa, del resto.

Il riferimento è il codice di diritto canonico in vigore dal 1983. Che recita: "È lecito ad ogni sacerdote che celebra la Messa ricevere l'offerta data affinché applichi la Messa secondo una determinata intenzione" (canone 945), ma "dall'offerta delle Messe deve essere assolutamente tenuta lontana anche l'apparenza di contrattazione o di commercio" (canone 947).

Viceversa, si rischia di cadere nel peccato di "simonia". Ovvero: la "compravendita di cose sacre di natura spirituale o anche di cose temporali che abbiano acquisito carattere sacro".

Peccato che trae il nome dal samaritano che, secondo gli Atti degli Apostoli, cercò di comprare dagli apostoli Pietro e Giovanni, offrendo loro del denaro, il potere di conferire i doni dello Spirito Santo con l'imposizione delle mani.

Luigi Barnaba Frigoli

Sabrina Schiesaro

(Unioneonline)

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LE PAROLE DEL PAPA:

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