Nove cittadini filippini, molti dei quali collaboratori domestici di professionisti e imprenditori romani, sono stati arrestati dai carabinieri con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti e spaccio.

L'indagine, coordinata e diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma, è partita a marzo 2016 e ha già determinato l'arresto di sei persone, in flagranza di reato, e il recupero di più di due chili di shaboo. Un sequestro record in Italia e uno dei più importanti in Europa per questo particolare tipo di sostanza stupefacente: immessa sul mercato, la droga avrebbe fruttato più di un milione di euro.

I militari hanno ricostruito l'organigramma dell'associazione criminale, dal piccolo spacciatore romano ai vertici del cartello delle Filippine: la droga arrivava in aereo dal Paese asiatico, all'interno di confezioni di carne in scatola, perfettamente sigillate. La gestione, per la parte romana, era affidata a una donna filippina di 52 anni. Parte del ricavato veniva poi trasferito tramite i circuiti di "money transfer".

Lo shaboo, droga prodotta soprattutto nelle Filippine ma anche in Giappone e Corea, è la forma più pura di metanfetamina: ha l'aspetto di un cubetto di ghiaccio, o di sale grosso in base alle dimensioni. Iniettata o masticata, ha un effetto simile alla cocaina, ma più duraturo.

La dipendenza genera marcata aggressività, allucinazioni, comportamenti violenti, paranoia e depressione, fino all'insufficienza renale e alle complicazioni cardiache.

(Unioneonline/D)
© Riproduzione riservata