Sulla qualità dell'aria respirata dagli abitanti di Monteponi non si sa nulla, ma sotto il terreno annerito dal devastante rogo del 26 giugno scorso, continua a bruciare qualcosa.

Per la precisione: carbonio totale, carbonio organico e metalli "in concentrazioni importanti"; "non particolarmente elevata" è quella relativa ai solfuri; "non significative" quelle di policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani e idrocarburi policiclici aromatici.

A scriverlo in una relazione sono i tecnici del dipartimento Arpas Sulcis che il 9 e il 13 febbraio (a seguito dei sopralluoghi richiesti dal direttore tecnico scientifico della stessa Agenzia regionale per la protezione ambientale, dopo il sollecito della consigliera comunale Valentina Pistis) hanno fatto due distinte ispezioni nell'area dell'ex fonderia piombo, interessata dallo strano fenomeno del fumo sprigionato dal terreno.

Ad attivare la combustione del materiale (risalente al periodo in cui la miniera era ancora attiva) sono state proprio le fiamme che, la scorsa estate, hanno circondato una parte di Iglesias.

È stata l'Igea - la società controllata dall'assessorato regionale dell'Industria proprietaria del terreno - ad avere effettuato i campionamenti, mettendoli a disposizione dei tecnici dell'Agenzia regionale.

Il gruppo ispettivo dell'Arpas, tuttavia, non ha potuto svolgere il campionamento dei fumi perché il giorno programmato per il controllo (il 13 febbraio) il fenomeno che loro stessi avevano accertato durante il sopralluogo di 6 giorni prima, non era più visibile.

La scomparsa (resta da vedere se temporanea o definitiva) è dovuta al fatto che Igea ha avviato di recente lavori di bonifica e messa in sicurezza dell'area.

Gli abitanti di Monteponi chiedevano chiarimenti da mesi e la consigliera comunale di minoranza (Cas@Iglesias), nelle scorse settimane, ha inviato una segnalazione anche ai carabinieri del Noe.

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